The flying piers 

Tra le qualità di mio marito di sicuro non manca l’originalità.
Abbiamo visto circa un mese fa in tv il documentario sul ponte galleggiante che stavano costruendo sul lago di Iseo e ci era venuto l’appetito di vederlo dal vero.
Fortunatamente ci sono stati alcuni weekend dal tempo incerto quando l’opera di Christo è stata completa, altrimenti ci saremmo ritrovati con altre 60000 persone (questi i dati dell’affluenza nel weekend) in attesa per salire sulla passerella gialla più chiacchierata del momento.
Però … però… restava il desiderio di vederla.
“Fino a quando è accessibile?”
“Fino al 3 luglio”
“Ok, noi ci andiamo il 4! Tanto… mica la smontano in una notte”.

E così ci organizziamo, ci prendiamo una giornata di ferie entrambi, portiamo le bimbe al centro estivo e al nido e in sella alla moto partiamo.
Da Vicenza a Sulzano dista circa un’ora e mezza di strada; se fosse andata così sarebbe finito il racconto e arrivederci.
Invece come canta Cremonini ‘L’incanto sarà godersi un po’ la strada’.
Quindi la prendiamo larga e ci inerpichiamo su per i monti, giro panoramico largo.
Non abbiamo fatto nemmeno 50 km che, nonostante le previsioni mettessero bel tempo, inizia a piovere.
Primo stop per infilare la tuta antipioggia: dalla borsa ne spuntano due, una anche per me. Non è così facile indossarla però, sebbene sia due taglie più grandi si appiccica ovunque e la mia mobilità è molto limitata dal giubbetto e dalle protezioni.

Lungo il percorso incontro luoghi già visitati, e ciascuno scatena un ricordo: la pizzeria Pan e Vin dove andavamo spesso la domenica sera prima che nascesse Sofia; il (non) parcheggio fuori della picina di Trento; tratti di passi alpini già percorsi durante precedenti gite in moto.

I miei pensieri vagano come palline da flipper nel tempo e nello spazio: ogni volta che attraversiamo un luogo è come se battessi contro i respingenti, poi da lì i ricordi si dipanano e si perdono fino a battere contro una nuova colonnina, un altro luogo noto.

Inizialmente la pioggia è fina, poi diventa via via più intensa ma senza mai essere eccessiva.
Eppure ho questa sensazione di bagnato che mi pare di stare seduta sul bordo di una piscina; presto la mia prostata manifesta segni di debolezza e propongo un nuovo stop.
Se infilando l’antipioggia avevo avuto la sensazione di infilare un costumone, adesso sfilare i jeans bagnati è proprio un’impresa, e soprattutto rimetterli dopo aver espletato la fisiologia.

Lamento un po’ di umidità e mi sento rispondere “Ma secondo te, perché ne ho comperata un’altra?” Vabbè così ho scoperto il senso dell’antipioggia doppio.

Ripartiamo, il tempo non sembra dalla nostra: le montagne evaporano nubi, sembrano dei corpi umani quando escono dalla doccia calda con la pelle che fuma vapore acqueo.
Però almeno smette di piovere: arrivati su a Madonna di Campiglio (sì giro largo appunto) sfiliamo l’antipioggia e… accendiamo i telefoni.
Iniziano ad arrivare chiamate di lavoro, un po’ per ciascuno, e così la pausa pranzo che per una volta ci vedeva soli, senza proposte di giocare a sasso-carta-forbice-candelotto (la variante asso pigliatutto inventata da Sofia) e senza Viola che pretende la nostra sedia al grido di alsa alsa, si trasforma in una (anzi due) lunghe telefonate lavorative.
Fa freddo; ma io continuo a sognare quel nastro giallo in mezzo al lago, convinta che da solo il colore basterà a scaldarmi.
Proseguiamo il giro, finalmente il tempo inizia inequivocabilmente a migliorare.
Arriviamo finalmente a Sulzano all’alba delle 16, e del ponte di Christo non vedo traccia.

Finito il maltempo, finito il freddo, finiti i problemi lavorativi che hanno accettato di attendere l’indomani, finita anche la giornata ormai.

Ora fa caldo, veramente caldo.
Il sole fa riverbero sull’acqua, lo spettacolo è magnifico, ma la striscia gialla non c’è.
Al suo posto scorgo una serie di piattaforme galleggianti bianche, interrotte in punti strategici per ripristinare la navigazione quanto prima: l’opera di Christo sta prendendo il volo, the flying piers.
Lungo le stradine che adducono al molo da cui si faceva accesso al ponte stanno lavorando alacremente per rimuovere la copertura in gommapiuma del pavè; immagino quanta gente abbia sostato e atteso per lunghe ore sotto il sole, immagino i professionisti della colonna di attesa che, finalmente entrati nel padiglione del giappone di Expo 2015 si sono trovati bene ad aspettare e si sono messi in fila direttamente qui.

E mi consolo che almeno io di fila non ne ho fatta.

2 Replies to “The flying piers ”

  1. Certo che anche voi… sapendo che la manifestazione finiva il giorno prima. Anche se la passerella ci fosse stata ancora, difficilmente sarebbe stata accessibile ai visitatori.
    Comunque, pioggia a parte, avete fatto un bel giretto in moto, no?

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