Comunicare: che fatica!

Il problema della comunicazione è la mancanza di mezzi; che detta così suona come che il problema di Berlusconi è la mancanza di denaro.

Invece no, è diverso.

La comunicazione si basa prevalentemente sulle parole (prevalentemente ho detto, pre.va.len.te.men.te): però le parole difettano, non nel senso che sono poche, ma nel senso che da sole non ce la fanno (indipendentemente dall’idioma, che non diamo subito la colpa all’italiano).

Mi spiego meglio con un esempio pratico: un software è generalmente dotato di una o più funzioni; se questa non fa il suo lavoro, si dice che non funziona.

Ora, che una funzione non funzioni lascia un po’ spiazzati: dovrebbe avere il buon gusto di cambiare nome, che ne so, potrebbe chiamarsi ‘nonfunzione’ o ‘attendochemiriparino’.

Invece continua a chiamarsi funzione, di diritto, e nessuno osa destituirla.

Altro esempio: se io dico ‘lasciamo’ riferito a una qualunque cosa che faccia da complemento oggetto, posso intendere due cose dal significato diametralmente opposto:

1. posso intendere che lo lasciamo così com’è, senza toccarlo, immutato, quindi quel qualcosa continua ad esserci, così come era prima, rimane al suo posto (che faccio? Lascio? Chiede De Sica che affetta troppo prosciutto).

2. posso intendere che lo abbandoniamo e quindi non ci abbiamo più a che fare.

Lascialo: lascialo nel senso di mantienilo o nel senso di abbandonalo? mica la stessa cosa.

Ambinomia, che in italiano non esiste nemmeno, eppure c’è, di fatto, ci sono parole che vogliono dire più cose (mentre ci siamo sempre trastullati coi sinonimi).

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