IMHO – La strada verso casa *

Ci tengo a precisare che si tratta di un post datato 2014 e del suo epilogo!

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Non mi vergogno a raccontare che sto leggendo l’ultimo libro di Fabio Volo, “La strada verso casa”.

Penso che a vergognarsi piuttosto dovrebbero essere quelli che proclamano a gran voce “Io i libri non li leggo” o peggio “A me non piace leggere”. Ecco, queste sono debolezze che non andrebbero sbandierate.

Per giudicare qualcosa, nel bene o nel male, bisogna conoscerlo: mi piace esprimere le mie critiche con cognizione di causa, non per sentito dire (motivo per cui mi sono sciroppata anche centocinquanta sfumature di colori di Christian Gray).

Fabio Volo, è innegabile, è un fatto di costume, di cui si parla un po’ in tutti gli ambiti, anche quello letterario; un po’ come era per la trasmissione televisiva del Grande Fratello, nessuno la guardava, tutti la schernivano, però Pietro Tarricone tutti sanno chi era.

Leggere non è un hobby esclusivamente di alto livello, a volte si possono anche lèggere cose leggére, per alternare gli stili e per capire le differenze.

Così come cerco di seguire un’alimentazione sana ma, pur conscia dei limiti nutrizionali di una pizza, me ne concedo spesso e volentieri, altrettanto consapevole dei limiti dell’autore in questione come scrittore, mi piace svagarmi e leggerne le ‘opere’.

Raggiunto un livello ‘insuperabile’ a Candy Crush che mi richiede troppa concentrazione, come riempitivo di alcuni momenti morti preferisco dedicarmi a uno svago meno complesso.

Ad essere onesta ho letto anche tutte le precedenti ‘opere’ e “Un posto nel mondo” mi era piaciuto veramente tanto, forse perché letto in un contesto particolare. Delle antecedenti poco ricordo, se non che erano molto brevi; delle successive ricordo il penultimo “Le luci della sera” (??? forse… ho rimosso persino il titolo) che mi ha fatto ripromettere solennemente di non comprare mai più un suo libro, buono più per spessorare un mobile traballante che per altri scopi.

E infatti questo non l’ho comprato, no, non arrivo (più) a tanto.

In realtà mi è capitato anche con altri autori di arrivare ad un limite per cui mi sembrava che il filone fosse esaurito.

Nel caso di Volo, non posso che confermare, anche se c’è una ripresa rispetto a “Le luci della sera” (o forse sono i 15 € risparmiati che mi rendono più indulgente).

Lo sto leggendo con spirito critico, nell’intenzione di esaminare alcune questioni che mi pongo qualora volessi scriverlo anche io un libro, un giorno, si sa mai: che tempi verbali usare, chi è il narratore, come si susseguono i fatti nella storia, come si sviluppa l’intreccio, come vengono descritti i personaggi.

A voler analizzare una grande opera, sarebbe troppo complesso come punto di partenza: Fabio Volo va benissimo, nella sua semplicità e povertà lessicale.

Sono giunta circa a metà dell’opera (quindi ho iniziato bene?): finirò di leggerlo perché non è mia abitudine lasciare le cose a metà.

A questo punto della lettura riesco ad esprimere alcune considerazioni, che potrebbero essere smentite nel prosieguo.

Non farò rivelazioni sulla storia, ma qualche riferimento è comunque necessario.

Dopo un inizio scoppiettante, l’incedere è divenuto lento, ho la sensazione che stia ‘menando il can per l’aia’ per raggiungere il numero di pagine previsto dall’editore: colmo di dettagli superflui, ininfluenti sulla storia e fine a sé stessi, manca solo che mi imbatta in una cassiera del supermercato che fa il conto della spesa e nella descrizione vi siano dettagliatamente elencati tutti i prodotti che passano dal carrello all’essere imbustati.

E poi non puoi scrivere di ogni volta che il protagonista si accende una sigaretta: dovrebbero vietare il fumo anche nel libri, non solo nei locali pubblici!

Vengono affrontati temi delicati ed attuali per persone della nostra età (nostra = mia e di Volo e di molte delle mie conoscenze), quali la malattia e la perdita dei genitori, o la separazione dal coniuge in presenza di figli: il modo in cui li affronta però lascia molto a desiderare, pare più un pretesto per buttare là frasi ad effetto, ma nel complesso non trasmette nessuna sensazione, non crea empatia, non porta a riflettere.

Il mio presentimento è che Volo non sappia esattamente di cosa sta parlando, non abbia mai vissuto nessuna delle situazioni da vicino, forse ne ha sentito parlare da qualche conoscente ma nemmeno se ne è interessato più di tanto, non ha provato a calarsi nei panni di chi ci passa e fondamentalmente non riesce a ricostruire nel lettore lo stato d’animo. Buono per chi ha la fortuna di non conoscere certi problemi, così sentirne parlare da distante ha un effetto catartico.

Tanto per essere chiari, se sei tanto preoccupato per tuo padre che è all’ospedale in fin di vita, e questo pare l’argomento centrale della storia, non ti viene in mente di fare tutte quelle cose che fa il protagonista del libro.

Pare quasi che abbia ‘indovinato’ alcune situazioni, e ci abbia ricamato attorno un paio di pagine, per poi portare avanti il suo vero racconto, che è quello di una storia di sesso.

No, non è vero, non è una storia di sesso, sono molteplici storie di sesso, descritte nei minimi dettagli e con un linguaggio da caserma. L’apoteosi del trash quando lui (Marco, il protagonista) crea una play list con canzoni che risalgono alla sua giovinezza, da regalare alla sua bella (quella tra molte di cui si dichiara sinceramente innamorato) e la intitola ’80 Voglia Disco Party’.

Ma l’autore non si limita a narrare secondo il punto di vista del protagonista: qua e là si cala negli altri personaggi e avanza qualche pensiero esterno al personaggio centrale; lo trovo disonesto, scorretto: o narri tutto secondo il pensiero del protagonista, e di quello che pensano gli altri personaggi vieni a conoscenza solo se lo dicono esplicitamente, oppure fai il narratore super partes e parli un po’ di questo e un po’ di quello: manca un equilibrio tra i personaggi, non c’è ‘democrazia’.

Quindi anche di altri personaggi narra scene di incontri sessuali con la stessa dovizia di particolari.

E poi, come se non bastasse, ci sono frequenti descrizioni di momenti di autoerotismo, o masturbazione come la chiama lui nella più elegante delle accezioni, tratte dal passato del protagonista.

Insomma tra pippe e cicche la storia procede lenta in un contesto grave ma con estrema leggerezza, e a me questo divario suona grottesco, stride come un’unghia che perde la presa del gessetto e scivola sulla lavagna.

Poi vabbé a me il protagonista non piace, non mi ci riconosco, ha un sacco di pessime abitudini che non condivido. E’ un cazzone, per dirla col suo vocabolario, un perdigiorno, un eterno adolescente, un Peter Pan.

Il romanzo, fino al punto attuale, non è realistico: ho capito che per scrivere una bella storia bisogna staccarsi dal contingente, ma possibile che a questo mondo nessuno abbia reale necessità di lavorare? tutti i personaggi del libro hanno un lavoro ma lo trattano più come un hobby che un’esigenza con tempi da rispettare quotidianamente.

Altra curiosità tecnica: come usa i tempi? uhm… male. Grammaticalmente corretti, per carità, ma mi capita in più punti di non capire se quanto sta narrando si riferisce all’attualità o al passato, e a quale passato (dieci o venti o trenta anni prima?), e sono costretta a rileggere l’ultimo periodo.

Un altro punto che mi incuriosisce è: come l’autore affronta la diffusione dei social network nella realtà contemporanea. Un libro scritto di recente e che parli di una situazione attuale non può prescindere dalla diffusione ormai capillare di facebook; un insieme di personaggi completamente avulsi da questa realtà sarebbe anacronistico. E infatti Volo non si esime dal raccontare alcuni aneddoti legati al meccanismo di ritrovamento di vecchie conoscenze, ma anche in questo caso sono storie isolate, fine a se stesse.

Mancano completamente le descrizioni dei luoghi in cui si svolge: una città italiana che per sottinteso suppongo sia Milano, e poi Londra e poi Parigi. Ma ci fosse uno, dico uno solo, scorcio, una fotografia descrittiva del paesaggio, niente di tutto ciò.

Nessun riferimento alla realtà contemporanea in modo da localizzare il romanzo nel tempo: che so un fatto storico, o di cronaca, realmente avvenuto giusto per capire se si stia parlando di quest’anno o di qualche anno fa.

Tutto quanto detto ovviamente secondo la mia modesta opinione.

Il resto magari quando avrò completato la lettura.

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Ok… Terminato! La mia ipotesi della spesa al supermercato era lungimirante… c’era di peggio!
Lui cerca di affrontare temi complessi con linguaggio ‘comune’… Ma a dire le parolacce son capaci tutti, non ne vedo un vanto.
Questo stile minimale con cui cerca di parlare di problemi spinosi lo rende molto fruibile ma poco encomiabile…
Passo ad altro!

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