Dietro la parete

Che poi alla fine il letto lo abbiamo preso all’Ikea. 

Andare all’Ikea è sempre divertente perchè attraversi tutte le stanze di una casa, passando attraverso oggetti assolutamente superflui che in quel momento ti appaiono indispensabili, e che hanno dei nomi impronunciabili; non potendo memorizzare il loro nome ti senti che non li troverai mai più se non li compri seduta stante.

Dovendo caricare un letto nel bagagliaio dell’auto siamo andati sprovvisti di passeggino, tutti a piedi.

Non abbiamo sfruttato il servizio di intrattenimento dei bimbi, che avrebbe accolto solo Sofia e scatenato i pianti di Viola.

Lungo il percorso Sofia si divertiva a pestare le frecce luminose che indicano la direzione, mentre Viola si attardava davanti agli specchi, facendo smorfie e linguacce all’altra lei dietro il vetro.

Entrambe sul rush finale, quando ci siamo dotati di carrello e abbiamo iniziato a percorrere il magazzino, hanno sfruttato il passaggio sulle ruote per raggiungere la cassa, come se il carico non fosse già abbastanza impegnativo da spingere.

Quando abbiamo trasferito tutto nel bagagliaio dell’auto abbiamo intrapreso il rientro verso casa in una configurazione di separè dentro l’abitacolo che subito mi hanno riportato alla memoria quel gioco televisivo condotto da Marco Predolin, in cui una donna (o un uomo) poneva delle domande a tre uomini (o donne) dietro un muro e sceglieva il preferito (/a) in base alle risposte.

Trasmissione di 30 anni fa, ‘Il gioco delle coppie’ o ‘M’ama non m’ama’ non ricordo nemmeno il titolo esatto.

La scelta avveniva esclusivamente in base a ciò che i pretendenti dicevano, senza vederli in persona.

Un po’ come ascoltare i discorsi in treno provenienti dal sedile di dietro, senza vedere chi parla e cercando di ricostruire l’insieme, il tipo di persona.

Ebbene, oggi con i social network questo avviene quotidianamente.

Non solamente in ambito di relazioni amorose, ma anche per le amicizie e le conoscenze in genere.
Ci ritroviamo a valutare le persone di cui non conosciamo l’aspetto fisico (una foto non basta a definire la presenza, le movenze, la gestualità, il tono di voce, la simpatia) in base a ciò che scrivono o condividono.

Vale anche per coloro che conosciamo dal vivo: approfondiamo quale è il loro punto di vista, alcune volte scopriamo che ne sono addirittura privi.

Dietro lo schermo del computer, così come dietro il muro di scena, si riescono a dire cose che per mancanza di tempo, o per timidezza, a voce non vengono dette. 

Certo, possono essere anche false, scritte mentre stiamo nascosti dietro lo schermo e la tastiera; ma dai oggi e dai domani io non credo che siamo tutti attori ad oltranza.

La festicciola 

“Mamma… per il mio compleanno vorrei fare una festa con i miei amici”.
La prima volta che Sofia mi ha fatto questa richiesta era alle soglie del suo 5 compleanno. Per lei gli amici erano i compagni dell’asilo, in tutto 25; più alcuni coetanei figli di amici di famiglia. Insomma, contando su qualche fisiologica defezione, si arrivava a radunare 20 piccoletti.
La prima cosa che mi è venuta in mente è stata di verificare la disponibilità della sala parrocchiale, perchè il pensiero di ospitare quel numero di bambini in casa mi impensieriva.

Poi il grande interrogativo: come intrattenerli? E così, sulla base delle esperienze di altre festicciole a cui aveva partecipato Sofia, ho pensato di contattare qualcuno che fosse in grado di animare la festa. Io non lo sono, e poi avevo anche molte altre cose da tenere sotto controllo.
Mi sono tuffata nella giungla, chiamando alcuni nominativi che avevo a disposizione.

La fortuna ha voluto che tra i vari sulla piazza, la combinazione di disponibilità in prossimità della data di mio interesse e della fiducia che mi ispiravano, la scelta sia ricaduta su un’organizzazione chiamata Il grande tiglio.
A quella festa poi è seguita quella dei 6 anni e quella dei 7, sempre con la stessa animazione, perchè squadra che vince non si cambia.
Si è trattato di tre feste riuscite bene: la presenza di persone qualificate, che non siano i genitori o gli educatori già noti ai bambini, presentate in veste divertente fa in modo che i bimbi abbiano al contempo un riferimento e un supervisore, senza sentirselo stretto.
L’ultima di queste feste si è svolta sabato scorso.
Una delle animatrici ha indossato un vestito da Elsa di Frozen: le bambine, maggioranza netta dei partecipanti, sono rimaste stupite pur avendo subito capito che c’era qualche differenza, ma lo hanno ritenuto divertente e sono state al gioco.

Mentre una delle animatrici truccava i bambini (anche i maschietti: c’era un uomo-ragno più bello del vero spiderman) le altre due, Elsa e un’altra, facevano sfidare due squadre a bowling.
I giochi non venivano comandati, ogni bimbo veniva invitato e poi era libero di scegliere se partecipare o meno; ma il gioco era così allettante, le stesse animatrici non si limitavano a dirigerlo ma ne facevano parte entusiasta, e così un po’ alla volta in fila per fare un bello strike si sono trovati tutti: anche gli amici extra classe, anche la minoranza maschile, anche la sorellina di Sofia, due anni e mezzo, meno della metà degli anni degli altri.
Abbiamo avuto la fortuna di un sabato marzolino di eccezione, con temperature tardo primaverili, quasi estive, così dopo il bowling hanno proseguito con i giochi all’aperto: hanno sfoderato un tendone rotondo tutto colorato a spicchi, con i manici ai bordi e un buco al centro, sorretto dai bambini che a turno andavano in mezzo, e poi ognuno nominava un altro, il telo girava ed era uno spettacolo di colori e una festa per ciascuno.
Poi seduti sugli spicchi colorati a rispondere a delle azioni, e poi a urlare a squarciagola.
Quando la luce solare ha iniziato a difettare e i bimbi si erano ben sfogati sono stati invitati a fare un gioco creativo a tavolino. Non lo stesso degli anni precedenti, le animatrici si ricordavano e hanno proposto una cosa diversa.

Così si sono portati a casa un ricordo fatto a mano della loro giornata, un collage di ritagli e brillantini.

Infine la torta e i regali, era già arrivato il momento in cui i genitori sono venuti a riprenderli.
Devo i miei ringraziamenti a queste ragazze e all’organizzazione, che hanno trasformato una potenziale baraonda in un divertente pomeriggio di giochi.

Liebster awards (bio)

Non fatevi trarre in inganno dal logo verde: bio non sta per biologico, ma per biografico.

Ricevo una nuova nomination per il Liebster Award, di cui riporto le regole.

  • Pubblicare il logo del Liebster Award sul proprio blog.
  • Ringraziare il blog che ti ha nominato e seguirlo.
  • Rispondere alle sue 11 domande
  • Nominare a tua volta altri 11 blogger con meno di 200 followers
  • Formulare altre 11 domande per i blogger nominati
  • Informare i blogger della nomination.

Il blog da cui sono stata nominata è ClaudiaBrugna – DiSerieZero che vi suggerisco di visitare, per la delicatezza e la poesia dei suoi pensieri.

Nel post in cui mi ha nominata andava a rispondere a due diverse nomination, e poi a proporre le sue nuove domande.
Io sono un po’ restia a seguire le regole imposte, però avevo in mente di fare un post che fosse un po’ la mia bio. Unisco l’utile al dilettevole, sintetizzo le 33 domande in 11 che fanno al caso mio e ne approfitto per presentarmi:

  • Il tuo libro preferito? 

Ne cito tre (lavativa a ridurre le domande sì ma poi mi do da fare nelle risposte).

Un cappello pieno di ciliegie (Oriana Fallaci): un tomo di mille pagine in cui l’autrice narra la vita dei suoi 4 nonni; per me un capolavoro.

Venuto al mondo (Margaret Mazzantini): ha scosso pesantemente il mio modo di percepire i rapporti genitore/figlio non biologici.

I love shopping (Sophie Kinsella): perché è leggero, divertente e arguto.

  • Quanti anni hai? 

44 primavere complete; più una settimana della 45 esima; questo è ciò che risulta dall’anagrafe, però chi me ne attribuisce meno mi viene istintivamente simpatico.

  • La tua canzone? 

I will survive (Gloria Gaynor): un po’ per il testo che racconta di una donna che nonostante le vicissitudini storte sopravviverà, ed è il modo in cui cerco di vivere, ovvero andare avanti cercando di farcela anche da sola; e poi è la canzone che al karaoke mi piace di più cantare.

  • Il tuo film preferito? 

Sliding doors; è diverso tempo che non vado al cinema e forse non è nemmeno un capolavoro di film ma mi piace il concetto che la vita può assumere percorsi completamente diversi al variare di un minimo dettaglio (le porte della metro che si chiudono davanti al tuo naso o dietro la schiena).

  • Sai nuotare?

Me la cavo! Chi mi segue da un po’ dovrebbe saperlo che sono un animale acquatico; nuoto dall’età di 5 anni e pratico questo sport a livello agonistico da quando ne ho 10.

  • Mare o Montagna? 

Assolutamente mare, ma non per l’acqua salata, che non amo; piuttosto per il caldo, il profumo dell’aria e il fatto che non mi piacciono le camminate montane.

  • La città dove vorresti vivere. 

Roma: forse poi cambierei parere ma mi sono costruita l’idea di una città dalla storia antichissima e alla portata di tutti, una città semplice. E poi i romani a me stanno simpatici a prescindere.

  •     Sabato o domenica?

Ma perchè scegliere? entrambe, più anche il venerdì.

  • La citazione che ti rappresenta? 

Sii cio’ che vuoi essere perche’ hai solo una vita e una sola possibilità di realizzarlo.

  • Essere o avere? 

Per me stessa scelgo di essere; e soprattutto cerco di capire la parte di essere che c’è negli altri, cercando di non lasciarmi condizionare da ciò che hanno.
Giunti a questo punto… Come? Sono 10? E vabbè, basta così… Dicevo giunti a questo punto non nominerò 11 blogger. Mi limito ad indicare 3 blog che a mio giudizio meritano, quantomeno, una sbirciatina (ma in realtà molto molto di più).

UnaMammaZen
ThinkingOutLoud
VersioneArgentina

L’ora legale

La primavera è iniziata ed ecco a ruota i primi risvolti: l’ora legale, quella meravigliosa invenzione per cui la giornata rimane luminosa più a lungo.
Ne parlavamo ieri a pranzo, dopo il consueto walzer delle lancette: si sposta avanti o si sposta indietro? adesso che ore erano ieri? Si dorme prima? Si mangia dopo?
Nella conversazione sono emerse alcune curiosità, così mi sono documentata e vorrei condividere quanto ho scoperto a riguardo.
Non si tratta di scoperte sensazionali, basta aprire la pagina di Wikipedia. 

Mi limito a riportare quelle che mi sono sembrate più interessanti.
Un po’ come quella volta che ho visto Albertino in discoteca, e ho esclamato ‘Ma è uguale a Linus!!!’. Certo, è suo fratello, ma io non lo sapevo.

In Italia l’ora legale nasce come misura di guerra nel 1916 rimanendo in uso fino al 1920.
Tra il 1940 e il 1948 fu abolita e ripristinata diverse volte a causa della Seconda guerra mondiale. 



Vien da dire che la guerra è un po’ come il lavaggio per le commesse dei negozi di abbigliamento: se un capo che stai provando ti va largo la commessa ti rassicura che poi lavando si stringe; se invece ti va stretto ti garantisce che lavandolo cede e si allarga.

Si mette l’ora legale perché c’è la guerra, si toglie l’ora legale perché c’è la guerra: una specie di olio31.


L’ora legale è stata applicata per la prima volta nel 1966, durava quattro mesi, dall’ultima domenica di maggio all’ultima domenica di settembre. 
Tale durata venne estesa a sei mesi nel 1980 anticipando l’inizio alla prima domenica di aprile e poi dal 1981 all’ultima domenica di marzo. 

Verrebbe da considerare che è buona la seconda interpretazione del lavaggio: con l’andare del tempo pare si allarghi!

Un ulteriore prolungamento di un mese è stato introdotto nel 1996, insieme al resto dell’Europa quando la fine fu spostata all’ultima domenica di ottobre.



Ecco un’altra mia scoperta dell’acqua calda: l’ora legale non riguarda solo l’Italia.

A memoria dicevo ‘saran venti anni che abbiamo l’ora legale fino a fine ottobre’ pensando di esagerare un po’; invece sono 21. 

Nel 1968 viene stabilito il potenziale periodo di avvio dell’ora legale al 15 marzo.

Non mi sembra affatto una cattiva idea!

Nel 2010 l’Italia fissò l’inizio dell’ora legale alle ore 2:00 del mattino dell’ultima domenica di marzo e il termine alle 3:00 del mattino dell’ultima domenica di ottobre.



Pare che il momento notturno scelto per il cambio sia legato al minor flusso di mezzi pubblici, e questo almeno l’avevo sempre immaginato. Così come mi avevano spiegato già da piccola delle motivazioni di risparmio energetico che giustificano l’adozione dell’ora legale e del motivo per cui non è sostenibile per tutto l’anno (si avrebbe, d’inverno, una mattina troppo buia).
Ma continuiamo con Wikipedia:

Nei giorni immediatamente successivi al cambio dell’ora, alcune persone lamentano disturbi dovuti all’alterazione del ciclo sonno-veglia. 
Una ricerca da parte di svariati cardiologi americani afferma che l’ora di sonno persa il giorno dopo l’entrata in vigore dell’orario estivo incrementa del 25% la probabilità di subire un infarto cardiaco. 
Questo rischio cade del 21% il giorno in cui l’ora di sonno persa viene recuperata, quindi globalmente il fatto di utilizzare due fusi orari incrementa il rischio del 4% rispetto a chi utilizza un unico fuso orario tutto l’anno.

E qui il tuttologo del gruppo, quello che ne sa una più di Wikipedia, cala il suo asso: “Ma non si potrebbe inserirla in maniera graduale? tipo un quarto d’ora a settimana?”

Che ovviamente è una soluzione molto ‘pratica’ da gestire; però pensateci se in questi giorni vi sentite stanchi, assonnati e faticate a prender sonno la sera: il pericolo è in agguato.

Quasi quasi invece sarebbe da istituire la settimana legale, in virtù della quale si passa dalla domenica direttamente al weekend successivo. Il problema maggiore è ritornare poi indietro!

Arti e mestieri

La settimana scorsa siamo andati a comperare un nuovo letto.

Ci siamo portati dietro le bimbe, non troppo entusiaste del fatto che non si andava al parco giochi. Quando siamo entrati nel negozio Viola ha chiesto dove eravamo; “è un negozio di mobili” le ho risposto. Lei ha avuto un guizzo di entusiasmo “eeeehhh … le scale mobili!!!”, e ha iniziato a cercare la sua ‘giostra’.

Ho dovuto deluderla spiegandole che “No Viola… questi sono tutti mobili … fissi”.

Sono rimasta interdetta io stessa dalle mie parole, ma i bambini hanno mille risorse e il momento di disappunto è presto stato superato.

Oltre al letto abbiamo cercato il materasso, e lì ho scoperto che per venderti il materasso… te lo fanno provare.

Il commerciante passava da un modello all’altro, si stendeva, ci descriveva le caratteristiche e poi ci invitava a testare noi stessi.

Così ho capito che, tra le professioni che potrei svolgere, c’è sicuramente la Collaudatrice di materassi.

Mi sono allargata e me ne sono immaginate tante altre, in cui potrei tranquillamente impegnarmi.

Scartatrice di pacchi regalo, non tanto per il contenuto ma per l’emozione di sapere che qualcuno ha pensato a me.

Confezionatrice di sorprese, per il piacere di generare nel mio prossimo altrettanto stupore.

Riparatrice di cuori infranti: con una speciale colla salderei le giunture incrinate.

Ascoltatrice di pensieri sconnessi: creerei un grande zoo dove un po’ alla volta si potessero reincontrare, come i calzini spaiati fuori dalla lavatrice… carramba che sorpresa!

Confidente di segreti: protocollerei tutti i racconti e li archivierei in database criptati.

Architetto della felicità: per svolgere questa professione però dovrei studiare accuratamente, per non lasciare la felicità priva di fondamenta, di solidi appoggi su cui ergersi.

Dipingere attraversamenti pedonali sopra le situazioni difficili: una situazione di transito davanti alle quale il flusso delle difficoltà è tenuto ad arrestarsi, per legge.

Ordine e disordine

I disordinati sono persone ignoranti, nel senso testuale del termine, perché di base NON SANNO quale sia il posto delle cose; pertanto loro lasciano beati ed ignari le cose nell’ultimo posto in cui le hanno utilizzate.

Poi quando il cumulo degli oggetti senza fissa dimora raggiunge un certo livello, dal loro subconscio un certo disagio interiore fa capolino nel razionale: vedono disordine. Ma NON SAPENDO come affrontarlo, ricacciano il tutto dietro una tenda, una parete, un’anta.

Poi siccome NON SANNO che quello non è il posto giusto, dimenticano e ripartono a generare entropia, basiti da tutto quel vuoto che è rimasto.

Succede anche a voi…?

Succede anche a voi di entrare al supermercato con l’intenzione di prendere due cose due, senza carrello e senza borse, e uscire carichi come babbo natale la notte del 24 dicembre ma senza carrello, senza borse e senza nemmeno le renne e la slitta?
Succede anche a voi di pettinarvi i pensieri e ogni tanto i denti si incastrano su qualche ricordo, lo districano fino a farne emergere dettagli minuziosi?
Succede anche a voi di incantarvi ad osservare che nonostante l’asfalto e il cemento la primavera sta esplodendo in tutto il suo vigore?

Succede anche a voi di considerare una situazione esaltante, entusiasmarsi per essa, vivere sospesi da terra, respirare ossigeno vivo ad ogni boccata e poi, di punto in bianco ritrovarsi come il giorno dopo della festa, senza più effetti speciali e con tutti i bicchieri da lavare?
Succede anche a voi di vivere periodi più organizzati di una partita a tetris, in un teatro in cui ciascuno ha un ruolo e delle caratteristiche, e poi altri periodi che invece scorrono indefiniti, senza trama nè personaggi?
Succede anche a voi di affrontare una situazione nera, convincersi che è così perché è sempre stato così e sempre lo sarà, e poi ad un certo punto accendere la luce e risvegliarsi dall’incubo, ridando il giusto peso alle cose?
O succede solo a me?

Parole di Vicenza (e dintorni): mona

Continuano le richieste di locuzioni, questa volta è il turno di mona.

Mi sento un po’ un’emittente radiofonica ‘Ciao Pensieri in Patchwork, mi spiegheresti quella parola, quella che fa dudu dadadà? Se puoi prima delle 15, la dedico a tutti quelli che conosco’.

Ecco: va’ in mona è un suggerimento, caldeggia l’accoppiamento (mona è l’organo di riproduzione femminile).

Se per esteso viene suggerito “va’ in mona a to mare” si propone un rientro nel ventre materno (o un incesto, a seconda delle interpretazioni, io preferisco la prima).

La locuzione, non propriamente monacale, non è offensiva in modo pesante, è intesa spesso con fare scherzoso, ad esempio all’amico che cerca di convincerci di qualcosa che sa bene per primo non essere possibile.

Particolarmente efficace anche nella versione labiale, senza il sonoro: l’inconfondibile alternanza di A-O-A la rende interpretabile a parecchi metri di distanza.

La locuzione ‘in tanta mona’ indica un posto estremamente lontano, forse perché per ritrovarsi in mezzo a una concentrazione di donne alcuni sarebbero disposti a percorrere parecchi chilometri.

Si può essere un mona, che significa essere una persona inaffidabile; o si può fare il mona, ovvero comportarsi in modo estremamente faceto, per estensione provarci con una ragazza.

Esiste anche la versione vezzeggiativa ‘il monazza’.

La cosa più strana di questo vocabolo è che viene utilizzato esclusivamente al maschile, pur definendo un concetto prettamente femminile.

Tranne nel caso dell’esclamazione ‘La mona!’ che talora viene diluito in ‘La mona minestrina’ (in cui si dissimula di stare dicendo la buona minestrina). 

‘La mona!!!’ significa ‘nemmeno per idea’ / ‘non venirmi a raccontare stupidaggini’.

Concludo con un bellissimo proverbio 

Viajar descanta

Ma chi parte mona torna mona

(Potrei tradurre in: 

Viaggiare aiuta a maturare; ma chi nasce quadrato non diventa rotondo)

La lievitazione

Guardando Sofia mi sorprendo a pensare a quando è nata, e mi ritrovo incredula ad osservare quanto è cresciuta.

Un po’ come quando impasti la pizza: un po’ di acqua e un po’ di farina, poi lasci dentro la terrina e aspetti che lieviti.

Quando ritorni dopo 12 ore la pasta non sta più dentro quel contenitore in cui l’avevi lasciata riposare, ma ha iniziato ad esondare.

Mentre la prepari lo sai che se ti riesce triplicherà il volume, e se non lo fa puoi tranquillamente buttare.

Lo stesso falso stupore davanti a una figlia che cresce: ci mancherebbe che non crescesse, intendo! Ma quando ti accorgi che sta prendendo una strada sua, che ti sfugge dalle mani, che non ci sta più dove l’avevi messa ti coglie insieme la sorpresa.

La migrazione dell’equinozio

Il 21 marzo è una data ‘nobile’: sigla inequivocabilmente il primo giorno di primavera, a dispetto dell’altro equinozio e dei solstizi, che non ho mai memorizzato con esattezza in che giorno cadano.
Il primo giorno di primavera è il vero capodanno, è da lì che si parte: le stagioni si elencano come primavera – estate – autunno – inverno, viene da sè che il primo giorno di primavera è il cardine attorno a cui tutto ruota.
Il 21 marzo quindi è una data importante, al pari di Natale, Epifania e Ferragosto.

Nascere il 21 marzo si porta dietro il bello di una data emblematica senza la scocciatura di sovrapporre il proprio compleanno ad altre festività.
Poi arrivano sti sapientoni astronomici che anticipano l’arrivo della primavera al 20 marzo, data assolutamente priva di succo.

Poi si inventano la giornata della felicità, della poesia, del tiramisù e dell’acqua, pensando di dare un po’ di conforto.
Eh no cari miei! Sono cresciuta recitando il proverbio ‘A San Benedetto la rondine è sotto il tetto’, per me la primavera iniziava ieri.