Passaggio di consegne

Essere una mamma o avere una mamma? Cosa si celebra la seconda domenica di maggio? Per alcune persone entrambe le cose, per altre nessuna delle due, per molti l’una o l’altra.

Quando rientravo tra quelli che avevano una mamma, vivevo comunque l’intera settimana (una data variabile tra l’8 e il 15 maggio) in clima di festa perché in quell’intervallo cadeva anche il suo compleanno; a volte le date coincidevano o si susseguivano, comunque lei ci teneva moltissimo ad entrambe.

Nello stesso periodo per la mia, di mamma, si è stampata anche la data del capolinea.

Quell’anno l’11, la data del compleanno, cadeva di lunedì, ed è stato il giorno in cui ha accettato il trasferimento nella struttura di accoglienza.

Posso solo vagamente immaginare il tumulto di pensieri che le esplodeva dentro. Una decina di giorni, tanto è durato l’esaurimento delle energie, che inesorabilmente scomparivano.

Io avevo deciso che volevo essere presente più che potevo, e mi portavo dietro Sofia, un fagottino di nemmeno due mesi che infastidiva l’infermiera per i suoi pianti vibranti. Zoccola, l’infermiera, così la tacciavo in cuor mio, e persistevo con le visite.

Dalla vita ho avuto molto, mi ritengo una persona fortunata, ma ho vissuto come una piccola ingiustizia il fatto che al parco, dove le altre neomamme, quelle che si erano conosciute al corso pre-parto che avevo scelto di non frequentare, si lamentavano delle fatiche delle notti insonni ridacchiando e facendo commarella, mentre io, esclusa da quel gruppo, spingevo non una carrozzina ma due. A volte cedevo quella più leggera a chi ci accompagnava e cercavo di destreggiare sul ghiaino la comoda, più pesante.

A metà di quella decade, tra l’11 e il 21, è esploso il caldo di una primavera che si era fatta attendere; poteva essere il 16, il 17 o il 18, il tempo si dilata enormemente in certi frangenti per poi ridursi a un pugno di ricordi; quella mattina sono arrivata ottimista, e lei mi ha accolta di buonumore.

“Aspettavo proprio te. Siediti e ascoltami bene”

Con estrema lucidità mi ha sciorinato una serie di istruzioni pratiche, dal come chiudere la sua attività professionale al nome del notaio da contattare per la successione ed altre.

Io trascrivevo numeri, nomi e informazioni mentre dentro di me sentivo esplodere l’incapacità di accettare una fine più vicina di quel che volessi ammettere. Sapevo ma non volevo, e finché a non ammettere eravamo in due mi sembrava che potessimo arginare l’inesorabile.

E invece. In quel momento mi sono sentita sola, alla deriva, davanti ad una spaventosa consapevolezza.

Ha aggiunto:

“Stai tranquilla, sono serena, non soffro; sono contenta di tutto ciò che è stato, solo mi dispiace che sia già ora. Sono contenta di voi” riferendosi a noi superstiti.

Io non lo so quanta forza e quanto coraggio siano necessari a formulare ed esporre un discorso simile. So che ad affrontarlo dal lato di chi ascolta mi ha richiesto uno sforzo immane. Ma per rispetto mi sono imposta di rimanere tranquilla.

Sono risalita in auto e guidavo verso casa in preda a un mare di lacrime. Il caldo mi accentuava ogni reazione. Ho raggiunto il garage e finalmente, complice anche la temperatura più fresca, sono scoppiata in singhiozzi.

Mi mancava il respiro, mi girava la testa, mi sentivo svenire.

Maria, la vicina della porta di fronte, mamma di un mio coetaneo amico di vecchia data, mi ha vista ed è venuta da me. Cosa hai? Ho farfugliato qualcosa, tanto lei già sapeva, ma mi ha lasciato sfogare. Poi mi ha detto:

“La senti? Tua figlia sta piangendo, ha fame! Adesso vai, vai a darle da mangiare!”

Ho ricacciato giù tutte le lacrime e ho ristabilito le priorità, imponendomi di guardare nell’unica direzione sensata: avanti. Credo che sia stato proprio in quel giorno, in una calda mattina di metà maggio, che sono diventata mamma.

19 Replies to “Passaggio di consegne”

  1. Ho letto con piacere il tuo articolo. Non ti conosco, ma, indipendentemente dal fatto che dispiace sempre quando qualcuno ci lascia, trovo stupendo quando chi ci lascia ha la mente lucida.
    Non sono più per niente giovane, e mi auguro di poter conservare quella lucidità che potrà permettermi di salutare chi rimane ancora un po’. È infatti garantito che ci ritroveremo.
    Buon pomeriggio.
    Quarc

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    1. Si … per chi resta da un lato è un sollievo perché fino all’ultimo hai vicino una vera e propria persona, di conseguenza il ricordo non è guastato da momenti che sembrano tanto lunghi quanto inutili. Dall’altro, l’ho vissuto per tutti i miei cari, nonni e genitori, è straziante osservare la consapevolezza di chi hai di fronte, ti lascia senza argomenti…

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      1. Ti sembrerò scortese, ma, avendo io superato gli 80, mi son trovato empiricamente dalla parte di tua madre e ho pensato: “Che fortunata! Poter parlare coi propri cari prima di partire.”
        Poi ci ritroveremo tutti. Mi fermo qui altrimenti mi consideri fuori di testa.
        Ciao.
        Quarc

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      2. No ma perché fuori di testa?
        I miei nonni / nonne sono stati ‘longevi’, i miei genitori per nulla, questo per avvalorare che non si tratta di età… dico che per chi resta è ovviamente la parte migliore perché ha ancora vita da vivere, ma non si tratta di una parte facile, specie quando un tuo progenitore ti guarda dritto negli occhi e ti dice che sta per andarsene, e tu non puoi smentirlo, o almeno io non l’ho fatto, perché sarebbe sminuire la sua intelligenza.
        Quello che ho raccontato nel post è un momento che mi ha segnata parecchio, in bene in ultima analisi, ma comunque un momento intenso.
        A ruoli invertiti, sopravvivere ai propri figli, lo ritengo un dolore insopportabile, quindi se mi metto nei panni di mia madre in quel momento posso comprendere la sua serenità…

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