Le luci nelle case degli altri

Credevo di aver chiuso con la Gamberale; dopo Qualcosapensavo di aver avuto un assaggio sufficiente della sua arte.

Poi MariaPia mi ha suggerito ‘Le luci nelle case degli altri’, solo quello ha aggiunto.

Di lei e delle sue opinioni mi fido, e infatti la lettura non l’ha smentita.

Mandorla ha sei anni e vive da sola con la madre, Maria, al condominio di via Grotta Perfetta, che ospita altre cinque famiglie.

Una sera Maria rimane vittima di un incidente e non fa più ritorno a casa, lasciando Mandorla orfana.

Viene rinvenuta una lettera in cui Maria lascia intendere che il padre di Mandorla, che la bimba ha sempre creduto un astronauta, potrebbe essere un uomo del condominio che, per noia o per curiosità al lavatoio del sesto piano ha avuto un rapporto con Maria.

I condomini decidono di adottare Mandorla, a turno, facendole trascorrere un periodo in ogni famiglia.

Mandorla così cresce un po’ qua e un po’ là, in contesti familiari differenti, assaporando il gusto di diversi tipologie genitoriali e imparando che i genitori, o gli adulti in genere, pur essendo dei modelli di riferimento, hanno i loro difetti, le loro debolezze, i momenti di crisi.

L’esperienza adottiva incomincia dalla signorina Tina Polidoro, una maestra ormai in pensione, zitellissima ma con un ex allievo super balbuziente che le fa frequente visita.

Si sposta poi a Paolo e Michelangelo, una coppia gay.

È il turno quindi di Cate(rina) e Samuele, genitori del piccolo Lars, due spaiati che non ci azzeccano niente l’uno con l’altro.

Tocca poi a Lidia e Lorenzo, coppia senza figli, che portano Mandorla a fare lunghi viaggi in giro per il mondo; e infine la famiglia dell’ing. Barilla, una classica famiglia madre + padre + due figli.

Chi di loro sarà il padre di Mandorla? La certezza può arrivare solo dal test del DNA che viene rimandato a oltranza; il dubbio spinge Mandorla a riflettere, durante una lunga notte in carcere, riassumendo tutti gli eventi che l’hanno condotta fino a lì, ricostruendo tutta la sua storia e analizzando caso per caso sia le probabilità che si tratti dell’uno o dell’altro, sia il modello del rapporto genitore / figlio che si è creato nell’uno o nell’altro caso.

Chi sarà il vero padre? Questo lo lascio scoprire a chi avrà voglia di leggere il romanzo.

La lettura è decisamente gradevole, lo stile è immediato, si ha proprio l’impressione di essere lì sul pianerottolo di uno degli appartamenti del condominio, e percepire dalle chiacchiere e dalle voci le personalità dei protagonisti; è come passare lì davanti, vedere la luce accesa e, buttando l’occhio dentro alla finestra, ricostruire da piccoli momenti quotidiani lo stile di vita del nucleo che abita questa o quella casa.

E poi, nelle periodiche riunioni che i condomini tengono, individuare i punti di contatto e le differenze.

Ciò che mi resta da osservare è che anche in questo caso si ripete lo schema dei cinque casi, come sarà poi in Qualcosa.

Il testo però è molto più romanzato e solo una volta arrivata al capitolo conclusivo ho compreso l’intento analitico dell’opera, tanto da stimolarmi ad una rilettura.

Tirando le somme (The end)

Finora ho parlato degli aspetti critici, ma per completezza va detto come stanno le cose dal punto di vista paesaggistico.

La costa si sviluppa alle pendici di una catena montuosa: il litorale è ghiaioso (ad eccezione di alcune baie e di Saranda / Ksamil).

L'ingresso in acqua non è dei più agevoli perché i sassi pungono i piedi e la ghiaia sprofonda. Dopo pochi metri dal bagnasciuga già non si tocca più.

Grazie all'assenza di sabbia l'acqua è limpidissima, di un azzurro quasi trasparente. La temperatura dell'acqua è tendenzialmente fredda, ma una volta immersi gradevole.

Per me che odio la sabbia che si attacca ai piedi e che non ho difficoltà a stare a galla è una situazione ottimale; mi rendo conto che altri possono non giudicarla allo stesso modo.

Il clima è splendido: fa caldo ma è sempre ventilato e comunque non c'è umidità; alla sera fa fresco.

La cucina non offre ampie alternative ma a me il pesce piace quindi non avverto l'esigenza di qualcosa di diverso.
Zuppa di pesce; risotto ai gamberi o linguine allo scoglio; branzino o orata alla griglia, calamari grigliati o fritti.
Il tutto assaporato con vista mare

Sempre disponibili anche la carne (filetto di pollo o di maiale), le insalate (cetrioli inclusi), la pizza, i formaggi, le crêpes, le patate fritte e le verdure grigliate.

Frutta fresca e molto saporita (piatti di anguria, melone e pesche a tocchetti).

In spiaggia ci sono i venditori ambulanti e passano a proporre frutta fresca (lamponi, ribes, uva, fichi, banane).

I prezzi sono oltremodo interessanti: a pranzo per dare un'idea mangiamo in 4 (ok, 2 adulti e 2 bambini) con la cifra che in Italia ti chiedono in certe pizzerie per una persona. Solo che noi 4 mangiamo pesce.

A Tirana incontrare degli italiani mi pareva una cosa straordinaria: quando sei all'estero e senti parlare la tua lingua ti sintonizzi subito, è come se tra mille colori tu riconoscessi proprio lo stesso pantone di qualcosa di tuo, e inevitabilmente ascolti, e poi socializzi (io, ma forse si tratta più di arte nell'attaccare bottone la mia?).
Invece di italiani ce ne sono molti, indicativamente un 30% del turismo, tanto che ho incontrato anche un collega nuotatore master.

Secondo la locandiera di Ksamil il turismo italiano e francese è diventato molto presente, a suo dire il 50% del totale, da quando le reti televisive nazionali hanno trasmesso, in Italia e in Francia, un documentario della durata di mezz'ora sulle coste albanesi.

Credo che nel giro di pochi anni comunque arriverà anche al 70%.

Se la consiglio come meta delle vacanze?
Dipende!

Se la vostra idea di vacanza è legata ai comfort NO.

Esistono chiaramente diversi livelli di strutture ma di fondo il contesto rimane lo stesso, e chiudersi in una prigione dorata ha poco senso, per il mio modo di vedere.

Il bello di girare è anche rendersi conto con mano di come si vive nel resto del mondo, sia pure dal punto di vista vacanziero.

Se non potete rinunciare alle serie TV, a internet, al gioco aperitivo, al servizio al tavolo preciso e puntuale, alla piscina, alle passerelle serali, ai capelli sempre in piega… lasciate perdere.

Ho trovato, sotto certi aspetti, anche meno di ciò che mi aspettavo: per alcuni beni contavo di acquistare sul posto ciò di cui avevo bisogno (pile AAA, balsamo per capelli, prodotti generici per l'igiene personale) scoprendo che sono difficili da reperire.

Se al contrario amate il mare, il buon pesce, il paesaggio incontaminato
e accettate un ritorno al secolo scorso per un periodo di stacco, questo posto va benissimo.

Non c'è stata una spiaggia dove il panorama non fosse mozzafiato, non c'è stato un locale dove posso dire di aver mangiato male.
Il tutto a prezzi assolutamente contenuti.

Per il resto io non chiedevo di più.

La zona è un paradiso terrestre tale che ci si potrebbe incontrare Adamo ed Eva, da quanto è rimasto immutato.

Alle spalle i monti, davanti il mare, silenzio interrotto dal canto degli uccelli.

È sicuramente necessario un po' di spirito di adattamento, ma si viene ampiamente ripagati 'in natura'.

Non saprei dire se il miglioramento delle infrastrutture e dei servizi sia auspicabile per due ordini di motivi.
Il primo è che costruire, cementificare, aggiungere offerta ha inevitabilmente l'effetto di guastare ciò che è, e di attrarre molte persone che fanno il resto del danno.
Il secondo è che i costi degli interventi vanno a ripercuotersi sugli utenti finali, cioè i turisti.

Di posti celestiali dove si spende tanto ce ne sono già parecchi, sia a breve che a medio-lungo raggio.

Sono stata una settimana a Formentera nel 2006, tanto per fare un esempio, e ricordo ancora di aver pagato 17€ per un mohito e una birra presi da un camioncino ambulante. O 25€ per due daiquiri a Mykonos, nel 2009.

Qui invece comodamente seduti al bar un espresso costa l'equivalente di 0,50€, e siamo nel 2017.
Un pranzo in riva al mare per quattro persone a base di pesce lo abbiamo sempre pagato una cifra variabile tra i 25€ e i 30 €, bibite gelati e caffè compresi.
Se si scelgono menù più semplici la spesa si aggira attorno ai 15/20 €.

I lettini in spiaggia 'a casa mia' (intendo Sottomarina, non aggiungo altre considerazioni) costano 7€ cadauno. Questa stessa cifra è richiesta qui per una postazione di 4 lettini, più due ombrelloni.

I villaggi turistici del mar rosso funzionano col metodo all-inclusive: paghi anticipatamente ogni possibile servizio, compreso un quotidiano buffet luculliano e la finta amicizia degli animatori.

Io preferisco scegliere di volta in volta cosa mangiare, senza esagerare e senza farmi mancare nulla.

È vero che si può optare anche per il fai da te: un appartamento con cucina, con tanto di spesa da fare, pasti da preparare, un minimo di riassetto quotidiano. Ma allora è il concetto stesso di vacanza che viene un po' sacrificato.

Saranda, Ksamil e… vaffanbagno

La prima meta che ci era stata suggerita come destinazione del soggiorno albanese era Saranda. Approfondendo un po' abbiamo aggiustato il tiro verso Borsh, ma ci era rimasta la curiosità.

Un giorno abbiamo deciso di investire un paio d'ore di strada per visitare comunque il luogo.
Saranda si trova a circa 30 km a sud di Borsh, che è una distanza pari a quella che copro quotidianamente per recarmi al lavoro in mezz'ora scarsa.
Qui ovviamente i tempi di percorrenza si dilatano a dismisura perché è strada di montagna, e non intendo il Brennero.

Oltre ai cavalli, le capre e le vacche di cui ho già detto, bisogna rispettare i tempi di altri elementi nel senso di marcia: l'andatura rallenta attraversando i centri abitati, fino a procedere a senso unico alternato davanti ai locali dove le auto sono parcheggiate in modo da lasciare il passaggio solo ad una (un posto in particolare mi ha colpito: un vero e proprio garage attrezzato a bar, ovvero dotato di un frigorifero, nel quale si radunavano una quindicina di uomini).

Fuori dai centri abitati ci sono i cicloturisti; c'è il nonno col nipote in motorino (il nipote alla guida, il nonno dietro); ci sono le donne sedute sul ciglio a conversare; ci sono gli automobilisti oltremodo prudenti e quelli che invece non lo sono affatto.

Insomma più di un'ora per arrivare a Saranda.

Da distante si riconosce già un grosso agglomerato di case, poi facendo ingresso nel paese si incontrano diversi tizi che ti propongono un alloggio: li riconosci perché sorreggono un cartone su cui è scritto con un pennarello HOTEL o ROOM FOR RENT.
Se il vostro lavoro vi sembra poco stimolante ricordate sempre che c'è chi per professione sostiene un'insegna.

Più ci addentriamo nel centro abitato e più ho la sensazione di trovarmi in una delle nostre località balneari a ferragosto quando questo cade di domenica.

E dire che dopo la terza domenica di agosto credevo, a giudicare dallo svuotamento di Borsh, che fossimo rimasti i soli in vacanza.

Il litorale a questo punto della costa diventa sabbioso, ma non si tratta di una sabbia finissima che intorbida l'acqua: lo specchio rimane azzurrissimo a riva, e blu qualche metro oltre.

Ci sono numerosissime spiagge e altrettanti bar, ristoranti, negozi.
L'unica cosa che manca è il parcheggio.
A guardare dal piano strada non sembra nemmeno ci siano molti posti liberi in spiaggia.

Procediamo oltre verso Ksamil, una località molto rinomata ma meno conosciuta, che si trova decina di km più avanti, speranzosi di trovare un posto al sole, o magari anche all'ombra.
Meno conosciuta forse solo da noi: ci ritroviamo in quello che può essere l'equivalente balneare di un centro commerciale al 24 dicembre alle cinque del pomeriggio, cioè un delirio di gente.

Qui il parcheggio c'è (a pagamento ma c'è); una volta in spiaggia cerchiamo di individuare un metro quadro dove stendere l'asciugamano, uno per tutti noi quattro, ma non c'è. Non c'è spazio nemmeno per un francobollo; nemmeno posti in piedi.
Si avvicina un ragazzo a chiederci cosa vogliamo; avete ombrelloni? No. Ripiego: pedalò? No.
A quel punto, non avendo intenzione di chiedere un permesso di soggiorno, abbiamo rinunciato a distenderci al sole e ci siamo accontentati di un semplice bagno.
Fondale sabbioso, acqua cristallina, discesa graduale, temperatura perfetta: evidentemente sono elementi che aggradano ai più.

Riduciamo quindi l'intera giornata a un bagno e un pranzo. La locandiera sembra felice di avere ospiti italiani, parlo bene l'italiano afferma.
Perfetto così posso sgomberare tutti i dubbi che ho ogni volta davanti a un menù.
Ecco diciamo che il suo italiano era ancora molto 'to be improved' ma per tradurre al meglio ho deciso di provare direttamente, così la gita si è conclusa con un'ottima saganaki shrimps.

I ristoranti e le spiagge

Ogni giorno ci spostiamo a visitare una spiaggia diversa, e anche mangiamo in un posto diverso: a pranzo nel ristorante in spiaggia, a cena dove ci ispira.

Ogni volta lo stesso copione: can you tell me the password for the Wi-Fi?
A parte che il risultato spesso è vano perché il Wi-Fi c'è ma non si vede, e se si vede dorme, ma è interessante scoprire i meccanismi di composizione delle parole chiave, tutti fottutamente identici e nessuno prevedibile!
In genere la password è composta dal nome del locale più una sequenza di cifre, che possono essere l'anno 2017 o 1234 o 001. In un caso era 'non te lo dico' nell'idioma locale.

Comunque il fatto di aggiungere tutte queste reti al mio smartphone ha fatto sì che a fine vacanza mi bastava spostarmi di qualche centinaio di metri per agganciarmi all'uno o all'altro router.

Un giorno nel nostro peregrinare di lido in lido approdiamo ad un sito affollatissimo; è strano perché nemmeno il giorno di ferragosto abbiamo faticato a trovare posto. In prossimità della destinazione vediamo che le auto che cercano parcheggio vengono divise in due flussi; immaginiamo che uno sia il parcheggio a pagamento e l'altro libero. Abbassiamo il finestrino per proporre la quota necessaria e ci chiedono dove siamo diretti: restaurant? Foam party?
In effetti alcuni cartelloni affissi lungo la discesa pubblicizzavano l'evento, inizio ore 13,30, con la presenza di una star locale.

Ora forse io sono un po' fuori dai giri ma ero rimasta che gli schiuma party erano tipici delle nottate nelle discoteche di Ibiza. Con 40 gradi al sole e dopo aver spalmato la lozione solare ho due desideri alternativi: stendermi sul lettino o tuffarmi in acqua, non certo avventurarmi nella bolgia tra la schiuma.

Alla nostra risposta 'beach' ci indirizzano verso una meta imprecisata… (a quel paese?).

Il giorno del compleanno di Viola, ci siamo svegliati con una fastidiosa sensazione, che si è rivelata essere una forma di gastroenterite. Per fortuna le bambine sono rimaste incolumi. Fortuna per modo di dire perché alle richieste 'Andiamo a fare il bagno? Giochi con me? Mi porti in spalla? Mangiamo il gelato?' era difficile dare risposte esaurienti. Ci siamo alternati nella gestione ed intrattenimento delle piccole. A me tra altri momenti è toccato quello della cena. Siamo andate in una creperia e mentre attendevamo le nostre portate
SQUAAAASHHHH
su un tavolo accanto al nostro un tendone di copertura, sovraccarico dell'acqua accumulata durante una pioggia pomeridiana, ha scaricato una secchiata sopra tre avventori che serafici hanno cambiato tavolo.
Se fossimo stati noi sotto con una torta di compleanno si sarebbero spente le candeline in una maniera così singolare che Viola lo avrebbe ricordato a lungo!

Una sera scegliamo un ristorante lungo il mare, ma dal lato opposto della strada, che è l'ultimo del centro abitato. Quando entriamo è semi vuoto, ma c'è una tavolata apparecchiata per 25 persone suppergiù.

Mentre attendo seduta al tavolo osservo tre donne che entrano, di età diversa ma molto somiglianti l'una all'altra.
Alla spicciolata arriva tutta la compagnia e occupa la tavolata; gli uomini costituiscono la minoranza, si spalmano sulle sedie e non si muovono più. Le donne, di tutte le età tra i 15 e i 75, sono varianti dello stesso clone.
Se sono rimaste sedute più di 20 secondi consecutivi tutte quante io sono Belen Rodriguez.
Prima si sono salutate e abbracciobaciate a due a due; poi hanno scattato un servizio fotografico a tutte le possibili combinazioni di gruppi di tre o quattro.
Hanno brindato, rigorosamente in piedi, mentre la più giovane tentava di addormentare il fratellino o cuginetto che fosse, per aggiungerlo alle fila degli uomini spalmati (lui nella culla anziché sulla sedia).

Quando hanno servito le portate in tavola credevo si sarebbero finalmente sedute e avessero lasciato campo libero al povero cameriere che doveva fare le gimcane per portare i piatti ai commensali; invece hanno iniziato a danzare.
La musica nel locale ha alzato i toni, è partita una selezione di melodie balcaniche e hanno proseguito con un ballo di gruppo molto simile a un sirtaki.

La casa e le strade

Abbiamo preso alloggio a Borsh, un paese situato lungo la costa sud dell'Albania.

Il gestore della pensione assomiglia vagamente a Donald Trump, ma più simpatico. Alla mattina durante la colazione, se le vespe superano il livello di guardia, si premura di dotarci di palette per scacciarle. Si vede che siamo poco avvezzi a vivere attorniati di vespe: una mattina ha deciso di darci una dimostrazione pratica di come si fa. Ha preso la paletta e si è messo ad agitarla che sembrava Donald Duck quando zio Paperone gli rifiuta un prestito: saltava su e giù dimenando il braccio e la paletta. Immaginatevi Donald (Trump, o Duck come preferite), 130 kg d'uomo in canotta e shorts, che salta su e giù per cacciare una vespa solitaria (si perché per la demo ha scelto l'invasione di un solo insetto).

La pensione non dispone di un proprio parcheggio ma poco oltre l'edificio c'è un area dove molti, noi compresi, lasciano l'auto; ogni volta che scendiamo dall'auto, dal nulla proprio come un ectoplasma, compare un uomo che ci alza il pollice, in segno di I Like (your parking); altrimenti ce la fa spostare.

In realtà non abbiamo capito esattamente cosa voglia comunicarci: spostare l'auto? Parcheggiare altrove? Pagare una quota per l'occupazione del suolo? Consigliarci un ristorante dove andare a mangiare? O più semplicemente scambiare due chiacchiere?

Il lungomare di Borsh è una strada non asfaltata e i gestori dei locali alla sera annaffiano il passaggio, per ridurre la formazione di polvere. Un po' come i nostri pensionati che annaffiano i pomodori.

Per spostarci a visitare altri lidi dobbiamo percorrere una strada montana perchè non esiste una vera e propria strada costiera.

Se durante il viaggio di andata mi ero sorpresa per le vacche in carreggiata poi ci ho fatto l'abitudine: capre, vacche, cavalli, ciuchi, galline, cani, sulla strada che costeggia il monte non manca nulla dall'allegra fattoria.

Durante i tragitti l'occhio è allietato dal panorama: montagna da un lato e mare dall'altro. Anche l'orecchio ha la sua parte perché l'autoradio si sintonizza facilmente su RTL, Radio Dj, Radio KissKiss; e anche ovviamente su Radio Maria.

Il traffico per le vie è una sfida alla statistica: le strade sono strette, dire il manto disconnesso è un eufemismo, la segnaletica orizzontale inesistente, i parcheggi sono sospensioni della marcia, il rispetto delle precedenze una scelta di vita, ovvero solo alcuni lo praticano. Le auto si sfiorano di continuo ma stranamente non si centrano con la stessa frequenza che ci si aspetterebbe.
È come se ci fossero le aerovie, ogni mezzo va per la sua strada senza interferire con gli altri.

Un giorno risalendo da una spiaggia avevamo davanti un SUV; nella direzione opposta scende un grosso fuoristrada. La carreggiata permette a stento il passaggio delle due auto, che si incrociano senza che nessuna delle due adegui la velocità all'incontro dei mezzi. Si mancano con gli specchietti di pochissimi centimetri.
Il conducente del SUV davanti a noi esce un braccio dal finestrino, che io interpreto come un sincero vaffa. La Jeep inchioda e ingrana la retro, risalendo la china. Se prima si erano mancati ora se le vanno a cercare; immagino già la scena di questi che scendono, l'alterco che sfocia in rissa e noi testimoni oculari.
Invece no
CARRAMBACHESORPRESA
sono amici che si sono ritrovati e riconosciuti al volo, si fermano a salutarsi.

Le vespe, i cetrioli, il vento

Da bambina mi divertiva una barzelletta che diceva più o meno così:
"All'ora di pranzo un tizio sta per sedersi a tavola quando sente suonare il campanello; chi è? chiede. Apre la porta e si trova davanti un'ape che si presenta: sono Tito!"
Così per le canoniche tre volte fino a che la spiegazione: l'ape Tito vien mangiando.
L'APPETITO VIEN MANGIANDO.
Bene: anche le vespe, oltre che le api, si presentano puntuali.

Colazione, pranzo e cena tutta una partita di tennis a cercare di cacciare le predone.
In molti ristoranti hanno inventato una trappola costituita da una bottiglia di plastica appesa su cui sono innestate altre due mezze bottiglie, che fungono da invito ad entrare. Una volta dentro non dovrebbero più uscire, in teoria.

Questo meccanismo mi riporta in mente un'altra barzelletta dell'infanzia:
"un italiano, un francese e un tedesco vanno in vacanza; le stanze dell'albergo in cui alloggiano sono invase dalle formiche. Al mattino successivo il francese e il tedesco si raccontano che non hanno dormito e come hanno provato a scacciare le formiche. L'italiano scende riposatissimo, rivelando il suo trucco: ne ho ammazzate un paio, tutte le altre sono andate al funerale".

Ecco, forse questo vorrebbe essere il principio di funzionamento della trappola per vespe, ma ahimè le vespe sono meno sensibili alle parentele delle formiche!

Puntuali come le vespe, a colazione, pranzo e cena si presentano immancabili i cetrioli.
Non c'è niente da fare, provi a chiedere in qualunque lingua che non li mettano nell'insalata, ma al limite li tagliano con forme diverse: a fettine o a cubetti il cetriolo c'è, altro che prezzemolo. E dire che a me disturba anche l'odore, al punto che mi infastidisce anche Acqua di Gió, il profumo da uomo di Armani che ha un vago sentore di cetriolo.

Dopo le vespe e i cetrioli, al terzo posto degli importuni c'è il vento; di buono ha che è antagonista delle vespe. Però nemmeno correre dietro ai tovaglioli che volano è il massimo.

Che poi a dirla tutta, i tempi di attesa per il servizio al tavolo sono piuttosto lunghi: a volte per l'organizzazione in cucina (non si può dire che osservino tempi di cottura perché più di una volta ci sono stati serviti cibi – carne o patate – al dente), a volte perché non hanno compreso l'ordinazione, a volte semplicemente perché siamo abituati troppo bene. Ma in fin dei conti siamo in vacanza, che problema c'è ad aspettare seduti in tranquillità con vista su un mare meraviglioso?

(Altra nota dolente: gli scarichi del cesso. Deboli, o forse la carta igienica troppo resistente, sta di fatto che la carta non va gettata nella tazza ma in un apposito cestino).

Baywatch

Abbiamo scelto l'Albania come meta delle vacanze per aver sentito parlare molto bene del suo mare. I servizi, pare, sono in via di miglioramento, secondo chi ci è già stato. Sappiamo che rispetto agli standard italiani dobbiamo aspettarci un po' meno, così come i prezzi sono decisamente più accessibili.
Quando avevo 8-10 anni la (ex)Jugoslavia e la Grecia erano le mete predilette per le vacanze estive; dall'Albania non si poteva nemmeno passare perché servivano i visti, permessi speciali oltre il normale passaporto.

La pensione che ci accoglie è pulitissima, la stanza è spaziosa, il bagno nemmeno un po' (spazioso, pulito sì).
Do you have Wi-Fi connection? Stavo già per chiedere la password quando mi sento rispondere NO. Beh vabbè meglio così.

La colazione, inclusa nella camera, si presenta sotto forma di tre pomodori e un cetriolo; pane, burro e marmellata di ciliegie; uova a là cocque e formaggio feta; latte freddo e succo di frutta.
Non dico che volevo cornetto e cappuccino, ma non trovo molto che mi piace.
Pazienza, premiata dal fatto che in spiaggia passano a vendere cestini di lamponi appena raccolti, talmente freschi che ci sono ancora piccoli residui di rovi e qualche mini insettino. Superlativi!

Il vento si è placato rispetto a ieri ma il mare è agitato; ogni tanto la marea si alza spingendo le onde in alto. Mentre leggo tengo sotto stretta sorveglianza le bambine sedute a riva, quando un'onda più lunga delle altre sembra portarsi via Viola. Sofia la afferra, io la prendo in braccio per consolarla dallo spavento.
La stessa onda crea una risacca e ritorna prepotente, costringendomi a gambe all'aria, e Viola di conseguenza.
A questo punto cedo alle richieste che le mie bimbe mi fanno di entrare e mi butto in acqua con loro.
Sorreggo Viola con un braccio e Sofia galleggia aggrappata ad una tavoletta quando l'onda ritorna di nuovo ancora più alta e mi toglie l'appoggio sotto ai piedi.

Lì accanto alcuni ragazzi e ragazze fanno il bagno: quando arriva questa stessa onda scopro che i ragazzi non sono in grado di stare a galla, infatti i più si affrettano verso la riva mentre una che è un metro più avanti… affonda.
Quelli che hanno raggiunto il fondale con i piedi allungano il braccio per aiutarla ma non ci arrivano; questa emerge un istante e poi torna sotto.

Cazzo ma sta annegando davvero! Le offro il mio braccio libero e lei si aggrappa; capisco che non sa assolutamente nuotare da come si avvinghia, le gambe salgono in alto, è tutta contratta dalla paura.
Altre onde arrivano, si attorciglia attorno al mio braccio, incurante del fatto che il costume le si sposta; io cerco di sorreggere me, Viola e anche lei. Tutto sommato ci riesco, la bevuta maggiore l'ha fatta nel primo affondo. La marea si placa, i ragazzi escono ed anche lei. Si siede a riva sotto shock, gli altri le vanno attorno e lei li caccia. Penso si vergogni per essersi messa in condizioni di pericolo, altrimenti almeno un grazie a me poteva dirlo, invece come se nulla fosse stato.

On the road

Il trasferimento verso la costa inizia con l'uscita da Tirana, che si rivela impegnativa perché il navigatore sembra aver fatto baruffa con le strade, rese inaccessibili; il traffico è caotico, e tanti sono i cortei.

È domenica, tante le auto infiocchettate che strombazzano. Considero che forse gli abitanti del luogo approfittano delle ferie estive per celebrare battesimi e matrimoni ed avere vicino anche chi si è trasferito in altri paesi europei.
I cortei sono composti da cinque o sei auto che suonano il clacson più una da cui sporge un cameraman che riprende il tutto.

Quella della sicurezza su strada non sembra essere una priorità, in molti viaggiano fuori dal finestrino, ovviamente senza cintura di sicurezza. Ma poi, una volta attraversata anche la periferia ed imboccata la superstrada, vediamo anche persone a piedi che scavalcano il guard rail centrale.

Il primo penso sia un folle, poi invece capisco che è lo standard: donne, uomini, giovani e non; chi lo fa con cautela, chi prende la rincorsa stile Dino Zoff quarantannienonsentirli, chi una gamba alla volta.
Oltre a loro, in superstrada tanti accovacciati che aspettano (un passaggio?), alcuni la percorrono in bicicletta in due, alcuni con la bici trasportano carichi incredibili; in motorino in due e il casco chi l'ha visto.

Considerando il numero di postazioni di guardia, dismesse ma monumentali nel loro restare, ritengo che il livello di attaccamento alla vita assuma scale di misurazione diverse.

Raggiungiamo Valona in orario critico, ci vuole parecchio ad attraversarla. Ci fermiamo poco oltre a pranzare, lungo il mare. Il vento tira fortissimo, ci accomodiamo all'interno del ristorante ed ascoltiamo l'intera compilation di musica italiana doc: Toto Cutugno, Ricchi & Poveri, Albano e Romina.

Da qui il viaggio è ancora lungo: dobbiamo valicare un monte. La strada è molto pittoresca, ma lenta. Sui pendii moltissime capre, e sulla carreggiata invece incontriamo un ciuchino scappato alla sua soma, e rincorso da tre o quattro uomini; e poi una vacca che beatamente staziona.

La radio fatica a sintonizzarsi ma anche quando si riesce ad ascoltare qualcosa si sentono canzoni che i Modà a confronto sono pura techno.

Tirana

"Che cosa è quel pomodorone?" chiede Sofia indicando una gigantesca panchina rinchiusa in una gabbia rossa a forma di cuore, inserito nel contesto della scritta I love Tirana, al posto della parola love.
Le altre lettere sono realizzate ad altezza d'uomo.

Entriamo nel pomodorone e un uomo già presente con la figlia ci avvisa che la sua bimba ha la chicken pox, potrebbe essere ancora contagiosa.
Non capisco immediatamente ma vedo la bimba da vicino e trattandosi di varicella ringrazio in cuor mio una volta in più di aver vaccinato le bimbe e di aver salvato gli unici 15 giorni di mare che facciamo all'anno dalla clausura in nuvolette di talco mentolato per alleviare il prurito.

Mi aspettavo che la città di Tirana avesse l'aspetto di una capitale, invece è una città abbastanza grande, paragonabile alle nostre città maggiori, ma non una metropoli.

Dopo la sosta nel pomodorone dirigiamo verso il bazari iri, che nessuno capisce cosa sia quando chiediamo indicazioni.
Attraversiamo una zona esclusivamente pedonale; ai lati della via e nel parco più avanti gli anziani si radunano all'ombra delle piante, seduti su secchi di vernice rovesciata o su una coperta distesa a terra, giocano a carte, a domino, alcuni a backgammon.

Fuori dalla zona pedonale altri stanno seduti su piccoli sgabelli ad esercitare l'antichissimo mestiere dei lustrascarpe.

Le bimbe iniziano già a manifestare stanchezza, per il caldo e il cammino, e ci rifugiamo una decina di minuti dentro un centro commerciale: esattamente identico a tutti i nostri centri commerciali, stessa aria condizionata a mille, stessi negozi.

Le donne mi sorprendono per la loro indifferenza al calore: con 40 gradi all'ombra sono truccate di tutto punto, rossetto compreso, camminano su tacchi alti e sembrano non avvertire la temperatura, quasi si stringono negli scialli o indossano abiti interi.
Alcune, mussulmane suppongo, hanno dei 'confortevolissimi' saii neri che le coprono da capo a piedi.

Il fenomeno dell'accattonaggio è ben presente, sono diversi i bambini che ci vengono appresso supplichevoli di denaro.

Mi sembra di distinguere tratti somatici comuni nei nativi del posto: fronte alta, naso adunco, forma del viso triangolare, orecchie sporgenti. Gli uomini sono di costituzione magra e ossuta ma piuttosto panciuti.
Per certo noi veniamo riconosciuti come turisti perché ogni volta che ci sediamo e ordiniamo da bere e da mangiare attendiamo che prima tutti gli altri avventori abbiano digerito.

Raggiungiamo con un po' di fortuna il bazari iri, ossia il mercato, che è un'esposizione ortofrutticola coperta di medie dimensioni. La piazza è adornata con delle statue di paglia che rappresentano cicogne.

Lì sentiamo un muezzin cantare, ci spostiamo verso la moschea che è la più antica della città. La moschea dà su una enorme piazza, attorno alla quale ci sono edifici di interesse pubblico. Nella piazza ci sono zampilli che formano una fontana a terra e molti bambini che ci giocano sopra, incuranti del fatto di bagnarsi.
Ascolto alcuni turisti parlare e … sono italiani. Li saluto, perché individuo una caratteristica in comune, e perché di base sono social nella realtà, ma a questi non sembra ci sia niente di insolito che ci accomuna, infatti ricambiano il mio saluto a stento.

Le batterie di Viola e Sofia sono esaurite, un po' in groppa e un po' in spalla le riportiamo indietro.
La città è per buona parte un cantiere in costruzione, pertanto siamo costretti a numerose deviazioni dal percorso. Per il resto i palazzi dell'epoca fascista stanno ancora lì, in mezzo a numerosissime postazioni di controllo. La parte centrale, quella che siamo riusciti a visitare, è uno strato di novità.

Ricorrenze

Tre anni sono trascorsi da quella domenica di un'estate in cui le temperature non sono mai esplose.
Le ferie le avevamo spese in giugno, perchè ad agosto dovevamo essere pronti al tuo arrivo, che aspettavo in verità almeno un paio di giorni dopo, ma ero rassegnata ad attendere anche una settimana oltre la data presunta.
E invece quella domenica mattina avevo iniziato il travaglio, ma chi lo sapeva che si trattava di questo?

Alla domanda 'saprò riconoscere il momento?' la ginecologa aveva sorriso con malcelata compassione, certo che sì.
Allora avevo consultato l'onnisciente, Google, e avevo trovato questa indicazione: 'se state a porvi la domanda significa che potete aspettare'.
Pertanto no! non poteva trattarsi di travaglio, assolutamente.

Cosa facciamo oggi pomeriggio? andiamo finalmente al parco a vedere il teatrino estivo? ogni domenica c'era stato un impedimento diverso.
E se mi prendono queste fitte al parco? Beh dai, durano poco poi passano. Se capitano, mi metto in un angolo tranquilla e supero il momento.
Però fermi tutti: sono di durata crescente e si presentano ad intervalli regolari, io sono a termine di gravidanza, forse prima di andare al parco un giretto al pronto soccorso è opportuno.

Ed è così che il teatrino è saltato anche quella domenica perchè 'signora la teniamo dentro' e dopo aver subìto i tentativi maldestri di una novizia per infilarmi l'ago cannula, sono stata fatta sedere su una poltrona per i tracciati.
Insieme a me un'altra donna, a cui mancava ancora un mese al termine, accompagnata dalla madre, che non taceva un minuto.
Ad un certo punto la figlia le dice "Mamma, guarda che la signora ha le contrazioni, parla piano!".
Chi io? macchè contrazioni, solo qualche fitta.

"Bene signora!" – dice la capa – "la portiamo su! ma dove va? si sieda che la accompagnamo".
Che noia tutto questo essere chiamata signora, vabè, ma posso camminare benissimo con le mie gambe. Niente da fare.

Arrivo in una saletta dove mi dicono di cambiarmi; penso che manchi ancora tantissimo, d'altronde non ho ancora avuto il tempo di prendere in mano il libro e attaccarmi alle cuffiette, preparativi per trascorrere l'eternità che dicono che ci vuole, ore e ore e ore, per qualcuna giorni interi, di sto famigerato travaglio.

L'ostetrica di turno inizia a compilare una scheda, mi fa mille domande sullo stato di salute della mia famiglia in generale, io cerco di rispondere con precisione ma il compito rimane a metà: ecco una contrazione terribile, fortissima, eterna che mi squarcia e mi fa sentire Bruce Banner quando si trasforma nell'incredibile Hulk.

E' come se una potenza superiore dal mio interno stesse per esplodere. Lancio un urlo così forte da poter dar voce a tutte le riproduzioni del dipinto di Munch distribuite sul pianeta.

Da quel momento non so quanto sia trascorso, io non ho più provato lo stesso dolore esplosivo, solo credevo il traguardo lontanissimo, quindi misuravo le forze;
arrivava un sacco di gente: medici, infermiere, ostetriche e tutti mi stavano attorno, chi mi toccava la pancia, chi mi misurava la pressione, chi regolava le flebo, chi ti controllava il battito.

"Dai dai che sta nascendo, respira respira spingi spingi respira dai che la vediamo, c'è la testa".
Si vallo a raccontare a tua sorella che lo so che mancano ore.

SCIUP
Eccola!

Ma come? già? e non potevate dirmelo prima? pensavo che sarebbe durato secoli e mi sono persa questo momento, non me lo sono gustata abbastanza!

Alle ore 16.30 di domenica 17 agosto 2014, Viola, sei venuta al mondo.

Oddio che piccola, la prima cosa che ho pensato.

Dopo averci sistemate ci hanno avvolte in un due lenzuola, uno grande per me e uno tutto ripiegato per te, e ci hanno messe in una saletta.

La prima cosa che tu hai pensato è stata di cagarci addosso, giusto per stabilire le priorità.

Mentre davo indicazioni al tuo papà che selezionava dal mio cellulare i destinatari della notizia meravigliosa (no a quelli dei serramenti no, sì a Fiorenza puoi mandarlo, anche se non era al corrente le farà piacere sapere) ti stringevo tra le braccia e ti guardavo estasiata, grata per aver appena vissuto l'esperienza più intensa e memorabile della mia vita.