La mostra è già ampiamente pubblicizzata, nè ha senso che io mi metta a riassumere il contenuto dell’esposizione o la vita di Vincent Van Gogh.
Ho appreso lo scorso luglio che Vicenza avrebbe ospitato una serie di opere dell’artista olandese, e avevo deciso di visitare l’esposizione; non sono un’estimatrice della pittura in generale ma della gita del liceo mi era rimasta impressa la visita al Louvre e il dipinto della camera.
Il giudizio sulla mostra è assolutamente positivo.
La valutazione delle opere è puramente soggettiva, ma posso dirmi orgogliosa che la mia città ospiti una simile esposizione e che lo faccia in maniera ineccepibile.
Ho pianificato con buon anticipo la visita guidata, scegliendo dal portale la data e l’orario a me più comodi.
Ho evitato così ogni coda all’ingresso; con estrema puntualità ci sono state assegnate le auricolari, che ci hanno permesso di ascoltare attentamente la guida.
Martina, questo il suo nome, manteneva un tono di voce estremamente basso, così da non disturbare gli altri visitatori. Noi partecipanti del gruppo potevamo ascoltarla senza accalcarci addosso allo stesso dipinto, e anzi c’era modo di visionare le opere da vicino uno alla volta, con calma.
La mostra è allestita nella sala della Basilica Palladiana, opportunamente suddivisa in stanze. L’illuminazione crea il giusto ambiente, mantenendo un’oscurità generale e puntando i faretti a led sulle singole opere, che risultano evidenziate e valorizzate.
In un simile contesto di buio e silenzio, ascoltando la spiegazione di Martina e rimirando i disegni e i dipinti, più che visitare una mostra si ha l’impressione di essere al cinema.
La guida oltre che molto preparata, appariva anche appassionata a ciò che ci raccontava; più che di un artista di due secoli fa sembrava parlasse di un vecchio zio.
Ci ha condotti per un’ora e mezza circa attraverso le sale, organizzate in ordine cronologico, raccontandoci la vita del pittore e dimostrandoci di volta in volta il riscontro nella sua produzione artistica, condendo l’esposizione con dettagli e curiosità.
Van Gogh, in un certo periodo, dipingeva su carta perché usava le tele che il fratello gli inviava per farne biancheria per le donne di cui si era fatto carico; Van Gogh interagiva con la sua opera, il suo tratto marcato a volte scalfiva il supporto fino ad inciderlo.
Non attendeva l’asciugatura della pittura ad olio, adoperando una tecnica bagnato su bagnato che rendeva le sue opere molto materiche.
Van Gogh si è approcciato all’arte tardi: era un principiante che sperimentava ed imparava, i suoi primi disegni denotano grossolani errori di proporzione e di prospettiva. Nell’intenzione di dettagliare il viso e le mani dei suoi soggetti, elementi caratteristici della persona, li caricaturava fino a deturparli; in un disegno sembra che lo zappatore abbia sei dita.
Van Gogh non poteva permettersi modelli giovani ed esteticamente perfetti, quindi ritraeva chi aveva attorno, a mal parata anche se stesso; e poi la natura, il paesaggio, il lavoro (nei campi o in fabbrica), la vista dalla finestra dell’istituto psichiatrico in cui fu ricoverato: tutto ciò che lo circondava.
Il titolo della mostra, tra il grano e il cielo, si riferisce appunto alla produzione delle opere en-plen-air, parte preponderante delle tele esposte.
Van Gogh non era però in grado di ritrarre soggetti in movimento, per questo li faceva posare all’interno; lo testimonierebbe l’abbigliamento dei contadini, troppo leggero per la stagione.
Van Gogh utilizza i colori primari accostati a contrasto (il rosso al fianco del verde, somma di giallo e blu) per focalizzare un punto di interesse su un dipinto.
In merito alle tecniche sperimenta il puntinismo, l’impressionismo e altre modalità tipiche del periodo, senza mai sposarne nessuna.
Queste ed altre le peculiarità che hanno reso la visita coinvolgente; dal punto di vista personale mi restano due considerazioni: la prima è che l’arte non necessita di grandi temi, puoi creare un capolavoro anche con ciò che ti capita davanti nel quotidiano, anche se all’apparenza è insignificante, povero, scialbo; e anche se lo stile è imperfetto può uscirne un’opera d’arte.
Non è ciò che racconti ma come lo fai a rendere grande un’opera.
La seconda considerazione riguarda l’individualismo: non importa dove conducono le correnti del momento, ed è giusto assaggiare qua e là, ma alla fine il risultato migliore proviene da se stessi, dalle proprie idee e scelte.
Per concludere mi sento di caldeggiare la visita di questa mostra, che sarà visitabile fino ad aprile.
Se avete fatto la fila per visitare anche un solo padiglione di Expo 2015, giusto perché era in Italia, sappiate che vale molto più la pena di raggiungere Vicenza per vedere Van Gogh.
Segnato e appuntato. Mille grazie, Elena.
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Semplice domanda: quanto dura la visita guidata?
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Circa un’ora e un quarto. Poi se vuoi puoi rimanere dentro e riguardarti quello che vuoi
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Grazie nuovamente, credo ne valga la pena, ho già guardato per i biglietti.
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Poi mi dirai come ti è parsa …
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A me andar per mostre piace tantissimo.
E tu, con questo post, è come se mi avessi preso per mano e portato a vedere Van Gogh insieme a te.
Grazie! 🙏😘
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Per me che non sono una ‘mostrofila’ è stato molto suggestivo…
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