Conto fino a tre

Sono ligia alle regole, in linea di massima tendo a rispettarle. A volte però mi trovo costretta a delle eccezioni, ponderando, anche in tempi ristretti, tra i pro e contro delle conseguenze.

Dovevo fermarmi dal calzolaio per lasciare due paia di sandali a rifare il tacco. Non trovando un parcheggio dal lato della strada buono, ho optato per rinviare la commissione lungo la via del ritorno, parcheggiando dal lato opposto.

Il tratto di strada non offre molta disponibilità per la sosta, ma è questione di un minuto o due al massimo.

Non mi sogno nemmeno di sostare nella corsia preferenziale del bus, così mi infilo in un cortile condominiale che riserva i parcheggi esterni agli utenti delle attività commerciali del piano terreno. Peccato che io debba andare al di là della strada, ma trattandosi di una sosta brevissima ritengo il disturbo che arreco marginale.

Considero che le attività commerciali di una zona dovrebbero essere sinergiche e concedere ai clienti altrui dei benefici in vista della possibilità che un giorno diventino clienti propri; o anche solo del fatto che l’esercente dall’altro lato della strada possa essere benevolo col mio cliente in una sorta di vicendevole collaborazione.

Con un paio di manovre sistemo l’auto davanti ad un cartello ‘Proprietà privata – Posto auto riservato ai clienti dello studio dentistico’ e mi allontano, avendo cura di occupare solamente uno dei due posti disponibili.

Ho fatto mille ragionamenti senza l’oste, che nella fattispecie veste le sembianze di un parrucchiere; passeggiava nervoso per il cortile come se gli avessero dato buca a un appuntamento. Sembra uno che sta cercando di smettere di fumare e però non sa come impiegare il tempo di una pausa.

Mi si avvicina:

“Signora scusi ma lei dove va?”

“A portare i sandali a riparare” rispondo onesta.

“E perché allora parcheggia qui?”

“Perché lasciarla sulla corsia del bus mi pareva ancora più brutto”

“Deve andare dall’altro lato della strada a cercare un posteggio”

“Preferisco evitare un’inversione a U nel traffico serale. E anche attendere che si sollevino le sbarre del passaggio a livello per cercare un posto per girarmi non mi pare una grande idea”

“Ma lo sa che questa è proprietà privata? Non può lasciare l’auto qui! Se uno mettesse l’auto a casa sua?”

“Se mi parcheggia davanti a casa per un minuto non mi cambia niente; ma comunque non la lascio: il tempo tecnico di attraversare la strada e libero il posto”

“No, lei lo deve liberare adesso”

“Certo, se invece di perdere tempo a discutere inutilmente mi lasciava andare, a quest’ora l’avevo già spostata”

“Lei adesso sposta l’auto!”

“Tra un minuto esatto”

“No ho detto adesso!”

Cerco di mantenermi cortese, se fosse un operatore telefonico che insiste avrei riattaccato da un po’ ma di persona non mi riesce di chiudere la conversazione tout court.

Mi viene un lampo:

“Ma scusi, lei è il dentista?”

E qui la discussione vira verso il ridicolo:

“No … ma sono l’amministratore del condominio!”

È risaputo infatti che gli amministratori condominiali esercitino la loro attività sorvegliando i parcheggi pestolando avanti e indietro come leoni in gabbia.

“Vabbè allora se vuole chiami i vigili, per quando arrivano non sarò più qui”

Insiste che devo spostare l’auto, io ne ho abbastanza di discussioni sterili e me ne vado dicendo NO.

“Allora adesso io … FACCIO LA FOTOGRAFIA ”

Me lo segno tra le minacce dopo aver contato fino a 3 con le mie figlie: se non scendi dall’altalena FACCIO LA FOTOGRAFIA.

L’amica geniale

In sintesi: un’opera superba.

Confesso che il primo mio tentativo di fruirne si era arenato in fretta, appena al primo capitolo. La descrizione della telefonata che Rino fa ad Elena, per dire che Lila è scomparsa, non mi era parsa avvincente, per usare un eufemismo, e avevo mollato li.

Tanto che quando in tv e sui social si discuteva sulla rivelazione dell’identità segreta dell’autrice, Elena Ferrante, mi era sembrata una trovata pubblicitaria.

Poi sono approdata agli audiolibri, e ho fatto lo sforzo di rimanere ad ascoltare un po’ oltre.

Col senso di colpa di chi schiva la fatica di leggere (ma che manna dal cielo per chi guida molto durante il giorno, per chi non ha una pausa pranzo con possibilità di sedersi, per chi ha la vista affaticata!) mi sono imposta di ascoltare comunque fino alla fine, anche come esercizio sociale.

Così ho compreso il senso della locuzione wikipediana “la tetralogia si apre con una forte prolessi”: la scomparsa di Lila avverrà ben quattro libri dopo, ed è normale che io non sapessi chi fosse Rino, chi Elena e chi Lila.

I quattro volumi della serie “L’amica geniale” narrano la vita di due amiche, Elena Greco detta Lenù ed Eleonora Cerullo detta Lila.

La voce narrante è quella di Elena, stesso nome che l’autrice usa come pseudonimo; ma poi sarà anche il nome della nipote, e putacaso è anche il mio nome.

La dovizia di particolari profusi nella narrazione impedisce al lettore di rimanere estraneo alle vicende.

Forse complice il nome, con la protagonista parlante mi sentivo un tutt’uno: quante volte mi sono trovata a considerare “ah ma allora non capita solo a me, non è così insolito sentirsi a quel modo”.

Elena è insicura, impacciata, dubbiosa, succube di personalità più marcate della sua; al contempo Elena è determinata, porta avanti le sue scelte fino infondo, nonostante tutto e tutti.

La vera protagonista della saga è però Lila, l’amica geniale, l’alter ego di Elena.

Lila è anticonvenziale, libera dagli schemi, un’esemplare unico. Sa essere feroce e anche enormemente generosa. Un personaggio a cui Elena è legata da un sentimento lungo una vita intera, nonostante gli alti e bassi. Un genere di donna di cui avere rispetto e paura.

Il rapporto tra Lenù e Lila è più intenso di qualunque altro vincolo di amicizia, parentela, amore che si narra nelle vicende.

Dice Elena di un momento trascorso con Lila a lavorare assieme ad una creazione artistica

Sospendemmo il tempo, isolammo lo spazio

definizione perfetta di un momento enucleato dalla realtà contingente, condiviso in maniera plenaria tra due persone.

Attorno a loro, il rione, Napoli, il mare. Ma anche Firenze, Roma, Bologna, Milano, Genova, Torino, Parigi, Boston.

La narrazione parte dall’età prescolare e arriva alla vecchiaia; ovvero inizia nell’immediato dopoguerra e arriva ai giorni nostri.

Gravitano attorno alle due amiche le loro ed altre famiglie, che si intrecciano a doppio filo.

Presto ciascuno dei personaggi assume caratteristiche ben marcate, si concretizza e si anima al punto che non è difficile riconoscere nella propria quotidianità un Marcello Solara, o uno Stefano Carracci.

Per non dire di Giovanni Sarratore, detto Nino, il collante dei quattro tomi, il terzo protagonista.

La finzione (ma sarà poi tale?) collima con la realtà, con i fatti della cronaca degli anni della narrazione: l’esplosione di Chernobyl, il rapimento di Aldo Moro, il terremoto a Napoli, l’attacco alle torri gemelle, le contestazioni del ‘68.

Esiste una sorta di circolarità nei fatti: la zoppia della madre di Elena poi colpisce anche ad Elena; la pazzia di Melina si ripete sul figlio Antonio; Nino disprezza il padre Donato, ma si rivela uguale a lui.

La storia potrebbe continuare con le generazioni successive, tanto è ciclica: il segmento di vita narrato, sembra emergere, è quello del momento, ma si ripeteva uguale prima e si deduce analogo poi.

I personaggi sono poliedrici, si rivelano in diversi aspetti a seconda del contesto e dell’età

In quale disordine vivevamo! Quanti frammenti di noi stessi schizzavano via come se vivere fosse esplodere in schegge

Il linguaggio è una musica: tanto colto quanto semplice, pulito, lineare. Mai piatto, a volte crudo, a volte popolare, sempre adatto al contesto, mai gratuito, mai scontato.

La narrazione procede senza mai confondersi, rispettando tutti i passaggi logici, riprendendo a distanza elementi che apparivano marginali e che invece sono delle pietre miliari (ad esempio il braccialetto che Elena ha avuto dalla madre).

I fatti narrati non sono mai inverosimili, c’è da pensare in effetti che lo pseudonimo sia necessario a mascherare le tracce di una possibile realtà riconoscibile.