Silenzi

Silenzi tetri, guardinghi, che si ha paura di interrompere. Silenzi carichi di odio, di sfida, di strategia del non dire.

Silenzi pesanti, che incutono timore, che generano ansia, che snervano.

Silenzi che per quanto si cerchi di evitarli ritornano precisi, come una molla dopo lo scatto.

Silenzi densi, appiccicosi, maleodoranti.

Silenzi tristi, lugubri, velenosi.

Silenzi sereni, aperti ad ogni discorso.

Silenzi che non attendono altro che essere rotti, come fogli bianchi su cui scrivere o tele su cui disegnare a tinte variegate.

Silenzi gioviali, che lasciano spazio alle opinioni altrui.

Silenzi che preludono a conversazioni musicali, armoniche, liete.

Silenzi eterei, profumati, circonfusi di essenza al mentolo.

Non è difficile distinguerli, eppure si presentano nella medesima veste.

Più biondo di chi?

Domenica mentre molti erano in montagna a sciare o in altre località amene a trascorrere la festività io recuperavo un po’ di faccende arretrate, tra cui gli approvvigionamenti alimentari, chè il frigo faceva l’eco. In due parole ero al supermercato.

Appena la scala mobile dal parcheggio sotterraneo sbuca dentro il negozio noto tre giovani, due donne e un uomo, con casacca azzurra recante il logo di una organizzazione umanitaria mondiale, che parlano tra loro.

Una delle ragazze si stacca dal gruppetto e mi si piazza di fronte, apostrofandomi con ‘signora, lei che è più bionda di me… ha pochi minuti?’.

La risposta sincera è che non li ho (e la considerazione è che questa tizia bionda non lo è nemmeno un pochino) ma devo aspettare il marito col carrello, pertanto mi fermo in silenzio, come se la cosa mi interessasse.

La tizia incalza anche lo sventurato sopraggiunto, chiedendogli se è mio marito.

Quindi si rivolge a me domandando che lavoro faccio.

Trattengo a stento un bel “Ma che te ne importa?” ma questa ripete la domanda.

Resto vaga ‘lavoro in ufficio, sono impiegata’ rispondo. Molto vaga.

Lei allora sottopone la stessa domanda al consorte, che ricicla la risposta.

Quindi insiste con ‘avete più di 25 anni vero?’.

Mi serve questo assist su un piatto d’argento, sembra che avere meno di 25 anni possa salvarmi dalla televendita, è un rigore a porta vuota; in coro rispondiamo NO, dobbiamo ancora compiere i 25 anni.

Non mi spiego il perché ma passa già alla domanda successiva, aggiungendo un ‘ma li portate bene’ che ha inflitto il colpo di grazia alla mia capacità di tollerare i venditori pedanti.

Il suo ‘Se volete vi posso spiegare velocemente…’ viene troncato dal mio ANCHE NO, quello che normalmente scatta dopo 3 secondi quando vengo contattata telefonicamente per le proposte commerciali.

Quindi di persona ho resistito di più, me ne compiaccio.

Questa sera entro nel centro sportivo per accompagnare Viola alla lezione di nuoto e di nuovo tre giovani, sempre due donne e un uomo, sempre con la stessa casacca. Non sono gli stessi di domenica, ma la composizione del gruppetto è analoga e la pettorina è inequivocabilmente della stessa fondazione.

Avanzo brandendo le mani in segno di NO e mi lasciano stare.

Mentre attendo mia figlia mi piazzo a pochi metri di distanza da loro. Scende un tipo dalle scale con una specie di pagliaio in testa, e una delle ragazze, dai capelli castani, ne interrompe l’andatura chiamandolo ‘ehi, lei che è più biondo di me…’ ma questo tira dritto senza lasciare spazio ad altre domande inutili.

In conclusione mi chiedo se ci sia qualcuno tra i lettori, più o meno biondo di me, che sappia come va a finire questo siparietto?