Aveva sentito dire che là dove finisce l’arcobaleno si trova una pentola piena di monete d’oro.
Se la immaginava grande come quella in cui Panoramix prepara la pozione; non una pentola di quelle moderne, adatte ai fornelli ad induzione, con qualche congegno sul coperchio per misurare la temperatura interna: al contrario si figurava un pentolone di un metallo sottile, dai bordi slabbrati. Tondeggiante e capiente, e soprattutto piena di ricchezza.
Era un giovanotto credulone Alfonso, credeva alle leggende, soprattutto se promettevano qualcosa di buono.
Così dopo la pioggia intensa, non appena il sole aveva ripreso a splendere e aveva incontrato mille gocce ancora sospese nell’aria, formando il caratteristico spettro di colori, Alfonso si era precipitato alla ricerca della sua coda.
Poco importava se bisognava attraversare il bosco, anzi ne avrebbe potuto approfittare per una passeggiata rinvigorente: respirare il profumo di umidità, di legno bagnato, di funghi; ascoltare il cinguettio degli uccellini; praticare un po’ di movimento e guadagnarne in salute.
Ma dopo ore di cammino la coda dell’arcobaleno andava sparendo, senza rivelare nessuna pentola nè, ovviamente, nessun tesoro.
L’unica sorpresa che gli era stata riservata era un ruzzolone sulle foglie scivolose, a causa del quale si era infradiciato fino alle mutande.
Non restava che fare ritorno a casa e cercare nell’armadio qualcosa di asciutto con cui cambiarsi.
(Esercizio di scrittura: #pentola #bosco #armadio)