C’è una conduttrice radiofonica che tiene una rubrica intitolata ‘Il risveglio’, arguto espediente per introdurre un pensiero al giorno, ogni mattina.
Non mi trovo in sintonia con i concetti che esprime, ma soprattutto sono molto scettica sul fatto che quando apre con ‘Questa mattina mi sono svegliata e ho pensato a…’ affermi il vero: quando mi sveglio alla mattina io, l’unica cosa che riesco a pensare è ‘Quanto manca a tornare a letto?’.
Mi riuscirebbe più verosimile la rubrica ‘Ieri sera prima di addormentarmi ho pensato a…’.
Ad ogni modo l’altra sera prima di coricarmi pensavo alla rivoluzione epocale che ci aspettava; e al mattino, quando mi sono svegliata, è stato il mio primo pensiero: sono corsa a controllare sul tablet e… NO, nessuna svolta.
Non sono esperta di politica internazionale, nemmeno di quella italiana; a onore del vero non mi intendo proprio di politica e se vogliamo dirla tutta non mi intendo di un bel niente.
Non so se era meglio lui, Donald, o lei Hillary.
A pelle preferivo lei, ma non è un dato di rilievo.
Anche se non mi spiego ancora come potesse presentarsi con il cognome del marito, per giunta pubblicamente e platealmente fedifrago.
Ciò che mi brucia è che ritenevo il mondo maturo per avere una donna presidente della Repubblica; invece no, sarà per la prossima, magari sarà proprio Chelsea, per restare in famiglia.
O magari avverrà in Italia. Magari.
Sogni.
Io fatico a risvegliarmi dai sogni, che già con l’alzata delle 4 avevo sbirciato gli exit poll e davano un lieve disavanzo. Alle 8 era diventato un divario significativo, ma non essendoci ancora l’ufficialità io speravo nel miracolo.
Sono una sognatrice cronica.
Nello stesso giorno la notizia della morte di Veronesi. RIP. Che restando in tema di sogni, anche in lui avevo riposto alte speranze: avevo accompagnato mia mamma all’IEO.
Da una situazione conclamata ci si poteva aspettare solo un miracolo, come dal significativo divario una rimonta della Clinton era altamente improbabile.
Ma fino a che non accendono le luci in sala per me un film non è finito, e io rimango seduta fino a che i titoli di coda non hanno smesso di scorrere, perché a volte capita che ci sia uno spezzone oltre la parola FINE.
Un viaggio della speranza quello a Milano, e non gliene faccio una colpa al vecchio Umberto; purtroppo però, l’IEO mi ha lasciato l’impressione di una gigantesca macchina da soldi. Che sicuramente in qualche caso porta al risultato ma, ahimè, ho avuto la precisa sensazione che non fosse quella la priorità.
Così questo 9 Novembre, che noi italiani scriviamo come 9/11 e che in maniera imbarazzante richiama un’altra tragica data, scritta a rovescio con la formattazione americana, non mi ha sorpreso quando si è concluso con l’ostruzione di una tubatura che ha allagato di fogna la casa di mamma.