Si può fare

“Se chiedi amore / amore avrai” canta Elodie; un’amica torna spesso a ripetermi che “l’universo ti manda la merda che gli ordini”.
Le due frasi si equivalgono, sono due letture della stessa figura, quelle figure che rovesci il nero col bianco, che puoi guardare al negativo.
Sono due modi di dire la stessa cosa, i latini più neutralmente dicevano “homo faber fortunae suae”.
Per raggiungere un obiettivo il primo passo da fare è adoperarsi per raggiungerlo, qualunque esso sia.
Cosa ti piacerebbe? Vincere la lotteria!
Primo passo comperare il biglietto: inutile agognare la vincita della lotteria se non si compera il biglietto.
Cosa faresti della vincita, nel caso?
I soldi non fanno la felicità, e se non ce la fanno loro la miseria ha gran poche chances.
Per quanto ambizioso sia un progetto, e per quanto un sano colpo di fortuna sovente sia necessario, tutto ciò che desideriamo ha bisogno delle nostre azioni per prendere forma.
Parola d’ordine: mettersi in gioco, esporsi, diventare parte attiva.
Attenzione però: non basta fare e fare tanto…. 

(Continua)

Essere o non essere (sportivi)?

Io non lo so… A questo punto non lo so. Non so se posso ritenermi una sportiva o meno, forse potrei provare a fare uno di quei test che imperversano nelle riviste che trovi dal parrucchiere o nelle sale d’attesa dei medici.

Io lo sport mi limito a praticarlo.

Anzi in realtà ne pratico uno, uno solo.

Dirò di più: ne pratico una parte.

Nuoto, solo a stile libero praticamente.

Non seguo le manifestazioni, non resto alzata la notte per vedere le Olimpiadi, nemmeno i Mondiali, nemmeno la finale del calcio se gioca l’Italia.

Non guardo i gran premi automobilistici, anzi mi addormento se ci provo; non capisco nulla delle partite di basket, tennis, pallavolo.

Non conosco i tuffatori, i ginnasti, i saltatori con l’asta, i discoboli, gli sciatori, i ciclisti.
Un giorno ho fatto da accompagnatrice per l’acquisto di una racchetta da tennis; credevo fosse una cosa da tre minuti, tipo ‘Buongiorno, vorrei una racchetta grazie’

‘E di che colore?’

‘Mah, facciamo gialla’ 

Fine

Invece no: hanno iniziato a disquisire su materiali, peso, tensione delle corde, impugnatura… Quasi serve una laurea in fisica per poter scegliere!

Un’altra volta ho accompagnato mia figlia negli spogliatoi del twirling prima dell’esibizione di fine anno: pensavo fosse sufficiente sfilarsi la tuta e indossare le scarpette.

Invece anche lì tutta una serie di dettagli, dall’acconciatura al trucco al costume di scena per le più grandi, e i lustrini e le cerniere e le calze….

Persino quando ho deciso di acquistare il Carbon (costume da gara): tanti modelli con caratteristiche e prezzi completamente diversi, e io pietrificata non sapevo quale era più idoneo a me.
Eppure se mi capita di vedere in tv, o di leggere qualcosa in merito, resto affascinata.

Ho visto uno spezzone della gara di tiro con l’arco.

Che è? Uno sport? Pensavo fino a un istante prima.

Poi vedo le atlete: sui loro volti leggo una concentrazione che mi fa accapponare la pelle, da quanto è intensa.

Rifletto sul loro stato d’animo: sono sotto gli occhi del mondo intero.

Per questo sono arrivate sul campo gara preparate, non solo dal punto di vista atletico, ma anche estetico, come un attore prima di entrare in scena.

Sugli spalti con loro ci sono i genitori o i familiari: sacrifici di una vita affrontati insieme; tante vittorie e altrettante sconfitte hanno preceduto questo momento.

Il vero successo è già essere lì, ma può essere di più ancora, può valere una medaglia olimpica.
Sferrano la freccia dal loro arco dopo aver mirato il bersaglio; osservano la traiettoria; mantengono l’arco dopo che ha scoccato il dardo; il rinculo viene assorbito con una rotazione.

Indossano una fascia per assicurarsi lo strumento addosso: chissà quanti dettagli vanno ponderati per individuare la configurazione ottimale.

Quando la freccia colpisce il bersaglio incassano il loro punteggio di merito.

Mentre penso tutto questo ne vedo una che arriva dritta al centro, appoggia e conficca la punta laddove un ipotetico compasso ha appoggiato la sua per tracciare la circonferenza più esterna: mi sento percorsa da un brivido di gioia, esulto.

Punti di vista (*)

Nel disegno in figura, vedere una giovane donna o una vecchia sdentata è opinabile, ma il disegno rimane uguale, dipende solo da come si decide di interpretare una collana o una bocca semiaperta, e se quello sia un naso o una guancia.

Ti trovi al Luna Park a mezza via tra il tagadà e i calcinculo e senti due canzoni diverse che si sovrappongono: hai due orecchie ma un cervello solo; la tua testa sceglie di ascoltarne una, quella che aggrada di più, magari facendo appena un passo in là.

Ogni volta che si fa lo spoglio delle schede dopo le elezioni, tutti i partiti hanno vinto: ognuno va a leggere il risultato in controluce come meglio gli piace, considerando tutti i fattori al contorno che ammorbidiscono o rafforzano un dato oggettivo.

Dopo una gara o una partita sportiva il risultato non è solo quello nero su bianco: tempo, piazzamento, punteggio; ognuno di noi incrocia queste coordinate con la sua quotidianità e le sue aspettative, e allora ci sono vincitori scontenti e perdenti felici (e anche ovviamente tutti gli intermedi).

Un po’ anche come le persone: alcune ti piacciono e altre no (e anche la stessa persona a volte è simpatica e altre insopportabile).
Ma in realtà dipende solo da come le guardi.

Morale: tutto dipende da come noi stessi ci poniamo nei confronti delle situazioni, che di per sè sono invarianti.

(* Questo post fa uso di ingredienti decongelati)

Germinazione di un post

In principio è il seme, ovvero l’argomento; perché io non posso parlare di tutto, anzi al contrario mi riesce discretamente bene il parlare di niente.
L’individuazione di un tema è il 90% della stesura di un post, per quanto mi riguarda.

Non posso parlare di cose che non conosco, perché rischio di sparare un mucchio di balle inutili; e non voglio parlare di cose che conosco sin troppo bene, di cose troppo personali, che risulterebbero tra l’altro prive di interesse.

Non parlo di politica (ogni opinione è rispettabile e al tempo stesso confutabile), non parlo di cronaca (parlerei per sentito dire), non parlo di calcio, non seguo le serie televisive né men che meno i reality show, o i talent.

Anzi la tv non la guardo proprio. 

Ecco: mi sono già segata il 99% dei trending topic.

Non è così facile: a volte ci sono argomenti che arrivano nella mia testa e fanno la fine del sasso nello stagno: affondano.

Magari rimbalzano un po’ se lanciati di piatto ma poi… PLUF!

Ma quando un buon input raggiunge i miei pensieri, terreno fertile, lì attecchisce ed inizia a germogliare: un’idea qua ed una là, buttano tanti ramoscelli.

Allora inizio a lavorare di intreccio: dapprima li scrivo così come vengono, di getto: istintivi, distinti, lontani, slegati, sconnessi. Pensieri satellite che gravitano attorno al pianeta argomento.

È solo mentre scrivo che si aggiungono nuovi particolari, dalla mente passano alla mano.

Poi piano piano delineo il fusto, trait d’union dei vari elementi, ed ecco che il post sbuca dal terreno. 

Da qui parte la maturazione: leggi e rileggi, correggi, pota, sostituisci qualche termine, fino a che la rilettura non diventa immutata per alcune volte.

Un po’ è perfezionismo, sono un’amante della consecutio temporum; un po’ temo gli orrori ortografici; ma soprattutto devo tener d’occhio il correttore automatico perché è capitato che io scrivessi vagonate    e lui capisse vaginale; mica la stessa cosa proprio.

A questo punto serve creare il titolo, che deve riassumere senza rivelare troppo, ma nemmeno portare fuori strada il lettore, altrimenti dopo tre righe mi abbandona.

Le parole chiave, fondamentali per la classificazione del post e la possibilità di essere agganciati dai motori di ricerca, pena lo scriversi addosso.

Ed in ultima un’immagine di presentazione; a volte questo é il primo step perché mette allegria anche a me rivedere una foto nelle fasi di stesura.

Quando non manca nessuno di questi elementi, ritengo la stesura completa e pubblico.

Ad ogni modo i post meglio riusciti sono quelli che hanno ricevuto il concime del mio trasporto, quelli che, per spiegarmi meglio, hanno emozionato e coinvolto anche me mentre li scrivevo.

The day after (notte dopo degli esami)

Sui titoli delle tracce della maturità in molti hanno detto la propria, e tutte queste opinioni si riassumono in due macro gruppi:

  1. ‘i titoli sono belli’
  2. ‘i titoli sono brutti’

A me dalla seconda elementare in avanti avevano insegnato che gli aggettivi ‘bello/brutto/buono/cattivo’ vanno usati con parsimonia e sostituiti con altri più significativi.

Così quando il nostro presidente del consiglio twitta ‘le tracce mi sembrano belle’ a me cascano le braccia (tra l’altro il fatto che gli sembrino mi lascia il dubbio che non le abbia manco lette).

Non ho sentito una, una sola, considerazione significativa: non ho sentito dire nemmeno un ‘io avrei scritto così’; ma mica mi aspettavo un tema intero, giusto un pensiero, due righe, 140 caratteri ecco: invece il nulla cosmico!

Io ci ho riflettuto, e non è vero che non ho niente da dire; rileggendo lo stralcio tratto dal saggio di Eco ‘Sulla letteratura’ e riesaminando i quesiti posti, qualcosa da dire di mio ce l’ho.

Fermi vi prego… Non scappate!

Lungi da me svolgere analisi del testo, considerazioni critiche di livello o rimandi di esempi alla letteratura del novecento, anche perchè non sono in grado di fare nessuna di queste cose.

Giusto i miei 2 cents sull’argomento.

In estrema sintesi, per chi non ha voglia di rileggersi la traccia, Eco afferma:

  • che la letteratura è immateriale;
  • che è un modo dilettevole per un popolo di sentirsi unito e di tramandare ed evolvere il linguaggio, senza imposizioni o regole esterne;
  • che non bisogna temere lo svilimento o la banalizzazione della lingua (lui parla di trionfo dell’italiano medio);
  • che le opere letterarie vanno lette e non interpretate;

o almeno questo ho inteso io.

Vero, quanto afferma è vero, verissimo; concordo in pieno, quoto si dice oggi.

Ho sempre apprezzato Eco come scrittore; non ho letto ‘Il nome della rosa’ perché ormai mi avevano già rivelato il finale e la lettura si rivelava troppo impegnativa per non avere nulla che mi sorprendesse a fine libro.

‘Il secondo diario minimo’ era uno dei miei libri preferiti: una collezione delle bustine di minerva (gli articoli che chiudevano l’Espresso) di cui memorabile quella in cui descriveva quali caratteristiche rendono un film pornografico:

un film si rivela pornografico quando non c’è nulla da raccontare (perché tutto si riduce alle scene di sesso) e allora per tirarla un po’ in lungo si dà rilevanza a dettagli che non ne hanno; ad esempio se Gilberto per andare da Gilberta prende l’auto e il film descrive tutto il tragitto fino al cambio delle marcie, è un film pornografico!

(vado un po’ a memoria eh…!)

Ed ecco le mie riflessioni, RANDOM, le butto là

  • letteratura immateriale: si tratta di aria fritta; come è aria fritta la musica, un po’ meno i dipinti e le statue; ma sempre espressioni artistiche sono, modi alternativi di comunicare le proprie emozioni, aria fritta anch’esse, ma vitali e fondamentali;
  • senza imposizioni: mi è venuta in mente la storia del petaloso! così aveva risposto la Crusca al piccolo Matteo: se il tuo vocabolo si rivelerà utile, entrerà a far parte della lingua (io sto ancora attendendo uno solo che dica ‘eh si, ci voleva proprio l’aggettivo petaloso, altrimenti non avrei saputo definire questo fiore con molti petali’… vabbè)
  • non temere la banalizzazione: leggete pure Fabio Volo (e lasciate che lui scriva) purché leggiate!
  • prima di trarre le conclusioni su quanto altri hanno scritto, leggete leggete e leggete; poi se volete scrivere qualcosa, scrivetelo di vostro pugno.

E ora mi auguro che questi due cents nella fontana di trevi della maturità non mi facciano ritornare gli incubi di doverla ripetere.

Alzi la mano…

Io continuo a non capire dove sia l’uscita di sicurezza da questo circolo vizioso.

Ho letto le tracce dei temi proposti ai maturandi, e ho deciso di scrivere questo post tristissimo.

Ma cosa si mira a valutare esattamente con un simile esame?

Le sole tracce per essere comprese e valutate (= che tema faccio? In quale posso esprimermi meglio?) richiedono un paio d’ore di analisi.

Poi dopo che hai letto tutto, cercando di capire cosa vogliono da te, il baratro: che cosa vuoi che dica io, candidato, che non sia già stato detto nella formulazione?

Mi chiedo se veramente io, Elena, oltre 20 anni fa ho svolto un intero tema e questo ha pure conseguito una valutazione positiva, anzi addirittura buona?

Perché a mio tempo… Che tema avrò fatto? Boh… San Google cerca maturità 1992 … Ecco, trovato! 

Intanto le tracce erano molto più brevi.

Poi … Udite udite… I titoli erano ovviamente diversi ma lo svolgimento poteva essere se non lo stesso, molto simile, intercambiabile.

Perché PURTROPPO, e sottolineo PURTROPPO, i temi chiedono fondamentalmente sempre la stessa cosa: parlare di niente.

Quello proposto oggi non è ‘il tema su Eco’ ma sulla funzione della letteratura a partire da alcune considerazioni di Eco.

Poi un tema sul voto alle donne, mentre nel 1992 chiedevano di esprimere considerazioni sul suffragio universale… ‘Mmazza oh che fantasia! 

Io non ricordo che tema ho svolto all’epoca, tanto anche col senno di poi uno vale veramente l’altro.

Oggi si chiede al maturando di esprimersi sul potere immateriale della letteratura, ieri gli si chiedeva, parlando del divario generato dalla tecnologia e dalla sua evoluzione (ma la domanda, vuota come una tromba d’aria, si adatta bene a molteplici contesti):

Quali le possibili soluzioni a così gravi problemi e quali i valori a cui richiamarsi per rispondere a queste nuove difficili sfide?

Ma che caaaaazzzzz può rispondere un povero cristo per rimanere nell’ambito delle sue idee o di quello che ha potuto imparare?

Perché a me una delle cose fondamentali che hanno insegnato è di non parlare per sentito dire, ma di esprimere in maniera semplice e diretta il mio pensiero, la mia esperienza, le cose che so.

Che poi davanti all’inevitabile accozzaglia di banalità che il candidato si trova a scrivere messo con le spalle al muro, mi chiedo quante lattine di red bull deva bere chi poi i temi li deve correggere, e se per valutarli adotti la scala Richter o quella Mercalli.

E ora alzi la mano chi trova una cosa sensata da dire su uno dei temi proposti, a piacere, quest’anno o nei precedenti.

Tanto è lo stesso.

Sono stata nominata

Ho ricevuto la nomination per i Liebster Awards e ne vado orgogliosa: sono approdata da poco al mondo di WordPress e ho tanta fame di approfondirlo.

Pertanto ci sto! In campagna elettorale trovi tanta di quella cartaccia inutile nella buca delle lettere… Io non chiedo voti, anzi non chiedo un bel niente: propongo la mia lettura, ovvero la lettura di me.

Potrei anche aver scritto i Promessi Sposi ma se poi restano in un cassetto valgono come un blocco di scarabocchi.

Accetto quindi di buon grado la mia nomination e ringrazio ilmondodelleparole.wordpress.com per avermi offerto questa grande opportunità.

Queste le regole del gioco:

  • ringrazia chi ti ha premiato
  • scrivi qualcosa sul blog che preferisci
  • rispondi alle 11 domande del blogger che ti ha nominato
  • scrivi, a piacere, 11 cose su di te
  • nomina a tua volta altri 11 blogger con meno di 200 followers
  • formula 11 domande per i blog nominati
  • informa i blogger della nomination

Sono approdata a WordPress seguendo la scia di tiasmo.wordpress.com ma poi ne ho scoperti molti altri. Non ho un blog preferito, ognuno mi piace per alcuni versi, altrimenti non li seguirei.

Ecco le mie risposte alle domande che ho ricevuto:

  1. Se dico “giallo” pensi a? Penso ai Minions! Intendiamoci… Non ho apprezzato nessuno dei loro film, ho faticato a tenere gli occhi aperti (con scarso successo)… Ma trovo il loro disegno geniale
  2. Se dico “blu” pensi a? Senza il minimo dubbio ad una piscina: una bella vasca olimpionica divisa in corsie, senza nessuno dentro, da cui traspaiono chiaramente i segni delle linee nere sul fondo; questa vasca aspetta solo me e il mio tuffo. Meglio se sulla superficie qua e là brilla il riverbero del sole estivo.
  3. Se dico “verde” pensi a? Al parco Sigurtà, una distesa enorme di prati costellati di aiuole fiorite, che a me ha trasmesso infinita serenità.
  4. Un ricordo dell’infanzia a cui sei molto affezionato/a? Ogni tanto i ricordi dell’infanzia affiorano nella mia mente così come spuntano i funghi nel bosco dopo una pioggia a settembre… Lì per lì non saprei a quale dirmi più affezionata.
  5. Braccialetti o collane? Entrambi… Parure! Anche se dovendo scegliere direi collane: si notano di più, e completano l’abbigliamento.
  6. Una persona che vorresti facesse parte del tuo albero genealogico? Posso cambiare la domanda e piuttosto eliminarne alcune dal medesimo albero?
  7. Un’epoca in cui avresti voluto vivere? Direi nel futuro
  8. Paesi freddi o paesi caldi? Per sollazzarmi quelli caldi ma ritengo che la qualità della vita sia migliore in quelli freddi; nell’indecisione mi va bene l’Italia.
  9. Il viaggio dei tuoi sogni? Miami https://elenarigon.wordpress.com/2016/05/21/il-giorno-piu-lungo/
  10. Il film davanti al quale hai pianto di più? Cerco di non piangere quando guardo un film, mi ripeto ‘È tutto pomodoro! È tutto pomodoro’ (La verità è che mi sento stupida a farlo, a volte invece farebbe bene)
  11. Il libro davanti al quale hai pianto di più? Credo sia ‘Venuto al mondo’ di Margaret Mazzantini (però faccio outing, anche ‘Il giorno in più’ di Fabio Volo mi ha suggestionato… Vedo già le vostre facce però ho l’attenuante: l’ho letto mentre attraversavo un periodo buio)

Dove siamo arrivati? Ah ok, le cose su di me… Beh non credo di poter essere esaustiva, non mi verranno in mente le più salienti ! Sono 11 cose a caso

  1. Sono sempre l’ultima a sapere le cose: vivo in un mondo mio e scopro tardi ció che altri sanno da millenni, tipo quella di oggi che Albertino e Linus sono fratelli. 
  2. Ho 43 anni e non ho ancora capito se sono pochi o tanti;  nel dubbio opto per la prima.
  3. Ho due hobbies: il nuoto che pratico da diversi decenni; e la scrittura, che è emersa solo di recente ma campeggia nel mio pensiero e in qualche bozza sparsa dagli stessi decenni del nuoto.
  4. Amo la pizza, il gelato, l’insalata mista con l’aceto balsamico invecchiato e l’acqua gasatissima. Se è pasta son fusilli, se è caffè è senza zucchero.
  5. Odio l’ipocrisia, l’incoerenza, la falsità, la menzogna ma soprattutto odio le banalità.
  6. Cerco di accettarmi per quello che sono e di fare altrettanto con il mio prossimo.
  7. Leggo quel poco che il tempo libero mi consente, viaggio nella stessa misura, al cinema vado anche molto meno. Ma non perché non mi piacciano queste attività.
  8. Ascolto musica sempre, in ogni momento o quasi; e conosco a memoria tantissime canzoni, alle quali sto però ancora cercando di trovare un senso.
  9. Delle persone apprezzo molto la sensibilità e l’arguzia.
  10. Adoro cavillare sul significato delle parole, filosofeggiare sul nulla, dissertare del sesso degli angeli.
  11. Mi annoio a morte davanti agli argomenti impegnativi (oltre che ai Minions).

Infine (grazie per la pazienza a coloro che sono arrivati fin qua) ecco le mie domande:

  1. Cita un proverbio o una massima che ritieni la tua stella polare.
  2. Se dovessi scegliere un personaggio famoso (cantante, politico, attore, giornalista, comico… Quello che vuoi) chi sceglieresti?
  3. Qual è lo spot televisivo che ritieni più originale?
  4. Cosa trovi di bello nel mare o nella montagna (a scelta)?
  5. Di quale libro hai abbandonato la lettura?
  6. Cosa ti piaceva di più / di meno (a scelta) della scuola?
  7. Ottimista o pessimista?
  8. Social network: manna o condanna?
  9. Qual è la forza che fa girare il mondo?
  10. Qual è la cosa più difficile nel mantenere un segreto?
  11. Come faccio a taggare gli altri blogger?

Io lo faccio a mio modo, ma ne deve esistere uno di più rapido…

Automobilisulgra.wordpress.com Favolealtelefonoblog.wordpress.com Nonsonoipocondriaco.wordpress.com Rigurgitidipensieri.wordpress.com Mcellardoor.wordpress.com Bellaebravablog.wordpress.com Shevathas.wordpress.com Volevolaprinz.wordpress.com Pochepretese.wordpress.com Effecomefuliggine.wordpress.com Ildiariodicarta.wordpress.com

    Autoanalisi

    Ecco un altro ‘maccherone ripescato’

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    Questa mattina, nell’esortare Sofia ad appropinquarsi al bagno per lavarsi denti e viso, mi stava per scivolare un fantozziano ‘vadi’. 

    La lingua mi si è bloccata per tempo, perché lei ovviamente non conosce i film di Villaggio, e l’unico effetto sarebbe stato di insinuare nel suo vocabolario un grossolano errore grammaticale.

    Poco più tardi, lasciando la scuola materna a cui l’accompagno, sulla porta incrocio una donna che regge due scatoloni; trovo cortese tenerle la porta aperta ma conoscendo le regole di sicurezza secondo cui deve essere subito richiusa, mi affretto a farlo alle sue spalle. 

    Lei mi fa cenno che al suo seguito c’è un uomo che porta altri due scatoloni, e mi tranquillizza che lo farà lei…. ‘VADI’ esclama senza nessun cenno di sorriso che lasci intendere che è una battuta!

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    Certo che io, tra appropinquarsi e vadi, ‘na sana via di mezzo potrei anche trovarla, no?

    Thank you

    Mi prendo una pausa dalla scrittura creativa per fare un ringraziamento.

    Sono abituata a guardare sempre oltre, a spostare sempre un po’ più in là il traguardo, ma oggi invece mi fermo e guardo indietro. 

    E voglio dire un enorme grazie: 

    Grazie a chi mi ha stuzzicato l’idea di partire per questa avventura che mi sta coinvolgendo un sacco.

    Grazie a chi mi segue, mi legge quotidianamente o anche una volta ogni tanto, anche a coloro che lo fanno in incognito o silenziosamente.

    Grazie a chi mi incoraggia.

    Grazie a chi mi ha consigliato ai suoi amici. 

    Grazie a chi mi manda messaggi di apprezzamento in privato. 

    Grazie a chi mi incontra e si complimenta con me.

    Grazie a chi senza nemmeno conoscermi è sbarcato qui a curiosare.

    Grazie perché se non ve lo dico non lo potete sapere, ma mi date l’entusiasmo per continuare.

    Ogni vostro segnale, ogni riscontro che ottengo, sono come un giro di pedali per una bicicletta, una spinta propulsiva a procedere con questa attivitá.

    https://youtu.be/OOgpT5rEKIU

    Qui ed ora – Capitolo I

    Alla fine ho ceduto alle lusinghe, o ci provo quantomeno…
    “Ma perché non scrivi un libro?”

    Perché non ho fantasia, e non saprei da dove cominciare… Poi sono troppo perfezionista, e continuerei a smontare e rimontare la stessa storia.
    “Ma perché non apri un blog?”

    Beh… Dai uno dai due e dai tre, a un certo punto …. Guardo in rete e non sembra troppo difficile.

    Anzi, sembra che sono rimasta l’unica al mondo senza un proprio profilo.

    Così ci provo.

    E da dove comincio? L’inizio è sempre ostico, poi tutto va in discesa (o si ferma lì, tutt’al peggio).

    Comincio da dove sono, dal qui e ora.

    Il passato emergerà pian piano, le aspettative si riveleranno col tempo.

    Il fatto di avere uno spazio proprio ha aspetti positivi: è come essere in platea, con i propri spettatori, anziché in piazza in mezzo alla folla. E poi mi dà modo di raccogliere i miei pensieri e le mie idee in modo ordinato, anche per me stessa.

    Per contro so di raccontarmi al buio, senza necessariamente ricevere riscontro o conoscere con lo stesso livello di approfondimento chi vorrà leggere me.

    Due facce della stessa medaglia.

    E poi non si sa mai…