…tin tin tin … lo smartphone inizia a tintinnare stile momento ‘bacio-bacio’ a un matrimonio: è il gruppo wa dei genitori della classe di Sofia.
Oggetto del dibattito è che alcuni bambini non hanno imparato i colori dell’arcobaleno a memoria, così la maestra ha dovuto invalidare la prova.
In un momento storico come questo, in cui la bandiera arcobaleno è stata dissotterrata per supportare la battaglia delle unioni civili, dopo essere rimasta inusata per lungo tempo (da quando lo slogan PACE appeso ad ogni balcone si era confuso con il grigiore dello smog), è un’onta.
La cosa assume notevole importanza: i colori dell’arcobaleno vanno imparati, e nell’esatto ordine, non c’è storia.
Per prima cosa mi informo se il caso è mio: ‘Sofia? avete fatto una verifica di arte&immagine? un uccellino mi ha detto che qualche bambino non sapeva i colori dell’arcobaleno…’.
‘Te li dico mamma? te li dico?’ e senza aspettare conferma aggiunge ‘RossoArancioGiallo’ … pausa… ‘Verde’ … pausa… ‘Blu’ …. pausa ….’IndacoViola’.
Io in realtà non li ricordavo nemmeno fino a sabato, quando li abbiamo studiati insieme (o meglio lei me li ha ripetuti una volta, dato che li sapeva già).
Così ho anche scoperto che l’ultimo colore adesso lo chiamano viola mentre io l’ho sempre chiamato violetto (che in realtà i raggi al di fuori dello spettro visibile continuano a chiamarsi ultravioletti, oltre che infrarossi);
ma così come la sorellina si chiama Viola, non Violetta, il colore è viola (a noi i vezzeggiativi ci spicciano casa, si dice così?).
Ok adesso voglio i nomi dei 7 nani, mi verrebbe da risponderle.
Invece è lei che mi incalza con una domanda: ‘che cosa è l’indaco mamma?’
‘Ehm…. è un colore a mezza via tra il blu e il violetto, anzi… il viola’.
Rifletto, non ho un’idea precisa di che colore sia, credo esista solo nell’arcobaleno.
Non ho nessuna maglia color indaco, credo.
Ma è uno di quelli che non si dimentica, proprio perché è particolare.
Magari nella sequenza dimentico il giallo, o il verde, così come a volte mi scordo mammolo o cucciolo; ma brontolo e dotto, i due capisaldi, non me li scordo.
Rete di sicurezza mnemonica la chiamano.
La stessa a cui si appoggiava lo sventurato Kap quando l’Andreoli, l’insegnante di geografia al liceo, lo chiamava fuori interrogato a ripetere le repubbliche sovietiche.
Poraccio, la prima volta che gliele aveva chieste non le sapeva e così ogni volta che cadeva geografia (una materia che si fa solo in prima per un’ora a settimana) lo interrogava.
Ripassava con la punta della biro l’elenco dei nomi sul registro, giù, su e ancora giù.
In classe il silenzio regnava sovrano, la tensione era palpabile. Fino a che inspirava ed emetteva la condanna ‘oggi …. sentiamo…. Capozzi!’
E mentre gli altri tiravano un lungo sospiro di sollievo il malcapitato si appropinquava alla cattedra. Una volta ripristinato un clima neutro lei gli sottoponeva la famigerata domanda: ‘…Dimmi un po’ Capozzi …. quali sono le repubbliche dell’Unione Sovietica?’.
Talmente importante che di lì a poco l’unione sovietica non sarebbe nemmeno più esistita.
Ma Capozzi, e solo lui, doveva saperle.
Chissà come mai lo aveva preso così di mira.
E questo iniziava:
‘EstoniaLettoniaLituania’ … pausa …
‘ArmeniaGeorgia’
Questa per lui era la rete di sicurezza, a volte ‘ArmeniaGeorgia’ le teneva per i momenti di difficoltà, quando proprio non gliene veniva nessuna delle altre; allora proclamava esultante ‘ArmeniaGeorgia’, pensando ‘intanto te ne ho aggiunte altre due tiè’.
Altre volte invece le enunciava all’inizio, chè chi ben comincia è a metà dell’opera.
Quando arrivava a ‘Azerbajan Turkemnistan Uzbekistan Tagikistan’ si impaperava sempre (come sarebbe successo per chiunque altro al posto suo).
A volte arrivava anche a 14, altre si fermava a 12 ma l’esito era sempre lo stesso ‘Capozzi … 4…! Vai pure al tuo posto’.
Se il povero Capozzi avesse avuto un po’ meno timore dell’insegnante, una che terrorizzava anche il più preparato degli allievi che chiamato fuori tremava come una foglia e lei gli diceva ‘fatti un po’ di training autogeno’; se il povero Capozzi fosse stato un po’ più smaliziato, come un ragazzo di 14 anni raramente è, avrebbe concluso con ‘pisolo gongolo indaco e violetto, settebello e sto!’.
Chè tanto l’Andreoli non se ne sarebbe nemmeno accorta che era arrivato a 15 elementi molto eterogenei.